Lettura Iconografica
Home Up

 

Premessa sull'iconografia degli Arcangeli 

(Cfr. Francesco Spadafora: Biblioteca Sanctorum).  

Il termine è adoperato due volte nel Nuovo Testamento e sempre riferito a Michele (1 Tess. 4,16; Giuda, 9). Il prefisso "archa" è di uso frequente nell'epoca ellenistico bizantina per i nomi denotanti cari­che e dignità ed esprime il "Grado Sommo". Così Arcangelo è "il capo supremo degli Angeli" e tale di fatto appare Michele in Ap. 12, 7; in parallelo con Dan. 12, 1: "Sorgerà Michele il gran principe che veglia sui figli del tuo popolo". Il termine, in seguito, come altri usati con il medesimo prefisso, viene adoperato al plurale per designare più principi celesti.  

Nella classificazione adottata dallo Pseudo Dionigi (De Caelesti Hierarchia, VI, 2) i celebri nove cori angelici conservano agli Arcangeli il penultimo posto. L'opera di questo autore, importata in occidente da San Gregorio magno e tradotta in latino verso l'870, fu ripresa da S. Tommaso e da Dante. Si può riconoscere però che gli Arcangeli hanno una caratteristica particolare che li distingue dalle altre gerarchie: fra le coorti angeliche sono gli unici a non essere anonimi. Il libro di Enoch etiopico (20, 78) ne enumera sette; il "Pastore di Erma" del 175 d.C. sei; Vittorino di Pettau, secolo IV, identificando gli Arcangeli con i sette spiriti che assistono il trono di Dio, cita Tobia 12, 15 e Ap. 1, 4. Si venne quindi accreditando il numero di 7 Arcangeli, tra i quali appaiono costantemente citati Michele, Gabriele, Raffaele a Uriele. Gli altri nomi, pur trattandosi di nomi teofori, terminanti in El (Dio), variano secondo le fonti.  

La tradizione cattolica restrinse il titolo di Arcangeli solo a Michele, Gabriele e Raffaele (quest'ultimi due biblicamente sono soltanto Angeli) ai quali soltanto è dedicato il culto, secondo le decisioni del Concilio Romano del 745 (Actio 3) a quello di Aquisgrana del 789 (Can. 28, 16). L'iconografia bizanfna, acquisitò il ruolo degli Arcangeli come i "sette spiriti che stanno d'innanzi al trono di Dio", li rappresenta ai lati del trono senza figura, o del Cristo glorioso o del Sedes Sapientiae, quali ieratici guardiani. Indossano ricchissimi abiti civili e militari, tutti trapuntati di gemme e recano nelle mani il globo crociato e una nuova versione dell'asta che si trasforma in flabello (ripidion) liturgico. Michele porta anche la stola sulle spalle (omoforion), insegna liturgica che portano, a volte, anche Gabriele a Uriele. 

Nella copertura a piramide ottagona del Battistero di Firenze, le gerarchie angeliche sono rappresentate secondo l'ordine in cui le nomina Dante nella Divina Commedia. I due Arcangeli portano sulla tunica il "loron" imperiale ornato di grosse gemme e sulla mano destra reggono un rotulo con l'iscrizione "Animadvertes", in omaggio alla loro funzione tutelare. 

Tornando alla nostra pittura, don Sante Babolin, docente di filosofia della cultura estetica presso l’Università Gregoriana, mi suggerì la seguente chiave di lettura iconografica. Si comincia dalla luce: elemento dominante della nostra pittura è il bianco delle vesti angeliche. La luce proviene dal di fuori del quadro: questo nitore, per l'orientale, corrisponde alla gloria divina che viene dall'esterno.

Siamo in clima resurrezionale. I Sette Angeli appaiono disposti a mandorla che, dal punto di vista iconografico, significa l’aureola del corpo. Nell'icona della Dormizione della Vergine si nota che, in detta mandorla, vi sono inseriti Angeli e Serafini. Nella nostra tavola i sette Arcangeli o Sette Spiriti di Dio fanno da corona alla Madre di Dio, secondo la concezione bizantina della mandorla gloriosa, e i due primi in alto, Michele e Gabriele, chiudono detta mandorla col reggere la corona regale sul capo di Maria. I loro sguardi sono rivolti alla Vergine. 

All'altezza di Maria e del Bambino troviamo gli altri due Arcangeli, Raffaele e Uriele. Si integra nella carità di Uriele il cui volto è di netto profilo (rappresentazione non ammessa nell'iconografia orientale, perchè il profilo occulta metà del volto, nascondendo la persona) e guarda il Bambino come l'Incarnato che nella sua umanità nasconde e rivela la pienezza della Divinità. Di fronte ad Uriele è Raffaele con il cartiglio su cui appare scritto "seguo l'umanità in cammino e curo gli infermi"; anche lui guardando il Bambino invoca la salvezza. 

A livello terra i tre Arcangeli, Jeudiele, Barachiele e Salatiele portano la preghiera di lode, di intercessione e di domanda della Chiesa. In questo contesto, allora, Maria è da vedersi come Madre della Chiesa. Se congiungiamo idealmente, con alcune linee, la prospettiva rialzata dell'arcone che inquadra l'immagine, troviamo che il punto centrale coincide con il grembo della Madre: e l'ovulo fetale, è la Chiesa al centro della vita risorta che germoglia e Maria è la Madre di tutti noi, fratelli di Gesù. Allora Maria è da vedersi Arcangelo dell'ottavo giorno, il giorno della Resurrezione. 

In S. Marco, così, si verrebbe a capire perchè nella cupola del Nartece troviamo la figurazione dei Sette Angeli della creazione; nell'arcone di mezzo il solo Arcangelo del sepolcro vuoto e nell'arcone, sull'altare maggiore, i sette Arcangeli del trono di Dio che, incoronando Maria, avvolta nell'ampio velo azzurro pieno di stelle (segno del cielo) e coll'abito rosso (segno della terra), la introducono nel loro mondo divino e con lei l'umanità redenta. 

P. Angelo Polesello ofm

Page made by Big Ben - All rights reserved - Questa pagina è stata aggiornata il  23-07-2020  alle  16:14:13