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Lorenzo Lotto?

Carla Bernardi Salvetti sembra aver ragione nel suggerire il nome di Lorenzo Lotto, per i seguenti motivi. Il Lotto, nel 1541, aveva iniziato, su commissione della Confraternita di Santa Maria de Sedrina, una pala d'altare che ora trovasi a Sedrina di Bergamo, in cui figurano, a livello terra, quattro santi, lateralmente inquadrati da due pilastri che a metà tela vengono occultati da nubi che si innalzano fino a toccare la centinatura ad arco della tela stessa per accogliere la Vergine aureolata da sette testine di Angeli. 

Maria sembra come assisa su una nube somigliantissima, per forma e corposità, alla santa montagna su cui siede la nostra Madonna. Inoltre, la Vergine, anzichè allattante, presenta un pomo al Bambino con la mano sinistra: evidente segno che il modello bizantino della "galaktotrofusa" era già dimenticato dalle iconografie occidentali. Il numero settenario degli angioletti, che nelle grandi pale di altare contemporanee non figura mai, mi sembra alquanto indicativo. 

Perchè non pensare allora che il Lotto, già a conoscenza del mosaico centrale dell’arcone sul presbiterio di San Marco, abbia (per essersi ispirato per la Madonna di Sedrina) accettata la commissione del prete Antonio Lo Duca così da riprodurre e, questa volta più fedelmente, la Vergine con i sette Arcangeli? Risulta tra l’altro che nel 1543 il Lotto viveva a Venezia in condizioni di vera indigenza e lavorava saltuariamente in una piccola soffitta di "calle sporca".

Potrebbe sembrare arduo l’attribuire al Lotto la nostra tavola con i suoi limiti formali, in particolare per certe ridondanze ripetitive e non prive di goffagine nei panneggi degli abiti angelici, limiti inammissibili in questo grande artista del '500 Veneto. 

La stessa gamma coloristica per l'eccesso dei bianchi sembra portarci fuori dal suo linguaggio, se si escludono gli affreschi della cappella Suardi a Trescore. Uesuberanza dei cartigh didascalici invece potrebbe ricondurci al soffitto della stessa cappella che a tutto un gioco quasi astratto di tralci, angioletti a cartigh. 

Altro limite potrebbe vedersi nella scarsa conoscenza prospettica sia per quanto, riguarda l'impianto architettonico a pilastri ed arcone a sesto ribassato, che per la posizione del piede col sandalo dorato della Vergine che sembra schiacciare faureola di Sealtiele. Ma non appena si risale al committente che, come è intuibile, riteneva importantissimo elemento la copia, tutte queste "ingenuità" acquistano la loro motivazione. 

Sono proprio questi "errori" che stanno alla base della scelta pittorica nei veneto cretesi i quali, pur accogliendo schemi iconografici occidentali, non sanno rinunciare ai fondamenti dell'iconografia greca per una esigenza di comunicazione religiosa (ciò spiegherà più tardi il linguaggio pittorico di Domenico Theotokopuloos: El Greco).

P. Angelo Polesello ofm

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