S. Maria degli Angeli e dei Martiri
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I Savoia
  Vittorio Emanuele III e la Principessa Elena di Montenegro

Matrimonio tra Vittorio Emanuele III e la Principessa Elena di Montenegro 24 Ottobre 1896

Il Principato di Montenegro

La Principessa Elena di Montenegro

La Regina della Carità

Da Abito Nuziale a Paramenti Sacri

Il delicato Restauro dei Paramenti Sacri

Omelia del Cardinale Ugo Poletti

Il primo segno tangibile della presenza di Casa Savoia nella Basilica sono due dagherrotipi della Casa Fotografica Alinari, appesi sulla parete di fronte alla Cappella di S. Teresa della quale è rimasto soltanto l’altare barocco con l’effigie della Santa.
Il resto dell’ambiente è stato riportato a nudo con il rosso mattoncino romano e il pavimento di cotto originale, così com’era al momento della costruzione delle Terme di Diocleziano (298-306 d.C.), a cura della Soprintendenza archeologica di Roma.
Nella stessa Cappella la Soprintendenza ha installato tutt’intorno alla sala una incastellatura di ferro dove sono inseriti pannelli, fotografie e testi che illustrano la genesi storico-artistica delle Terme e della Basilica.
Le due immagini fotografiche sono state scattate in occasione delle auguste nozze di Vittorio Emanuele III con la principessa Elena di Montenegro il 26 ottobre 1896.
E’ da questa data che la basilica diventa pubblicamente Chiesa di Stato dove verranno tenute tutte le cerimonie civili e religiose.
Lo era già al momento del documentato passaggio ufficiale, nel 1874, quando avvennero le consegne inventariali tra il Vicariato di Roma e l’allora competente Ministero di Grazia e Giustizia.
Competenze successivamente trasmesse al Ministero degli Interni, Affari per il culto ed infine al neonato Ministero per i Beni Culturali.
Una delle due fotografie immortalano lo spiegamento delle Forze Armate in parata solenne in Piazza della Repubblica (allora Piazza dell’Esedra), con il fastoso addobbo della facciata della Basilica, in attesa dell’arrivo del corteo nuziale.
La seconda immagine mostra il Presbiterio le cui pareti sono completamente ricoperte di damaschi, tappeti Gobelins e sei candelabri di tre metri di fusto, composizioni floreali e la chiesa gremita di popolo.
Davanti a tutti, le alte cariche civili e militari, in alta uniforme, con tutte le medaglie al valore e le onorificenze.

L’addobbo della Chiesa, in occasione del matrimonio reale, fu affidato all’architetto marchigiano Giuseppe Sacconi (Montalto Marche 1854 – Pistoia 1905), lo stesso che aveva progettato il monumento al Milite Ignoto e tutto il complesso del Vittoriano.
Il Sacconi fece scendere dal soffitto, sopra l’Abside, dei grandi teli damascati che isolavano l’Altare Maggiore e nascondevano le memorie funebri di Pio IV, Giovan Angelo dé Medici.
Rimosse l’altare che si trovava nella Cappella di S. Bruno e lo collocò al centro , tra il resto dell’Abside rimasto scoperto e il Presbiterio.
Quest’altare era il più ricco di marmi e pietre dure della  Basilica: giallo antico o di  Numidia, pavonazzetto, lapislazzuli, alabastri, morello bruciato, verde antico africano, rosso di Francia, portoro.
L’altare era stato costruito da I. Fontana, in stile barocco-rococò, su disegno del preesistente altare in legno eretto dal Vanvitelli.
Dietro l’altare due magnifici Gobelins del XVII secolo: “Gesù che scaccia i profanatori dal Tempio” e “La Pesca miracolosa”.
Come pala d’altare era stata scelta dal Sacconi una “Immacolata” e il quadro collocato in modo da sembrare uno stendardo sorretto da due antenne decorative e contornato da serafini e da drapperie in velluto cremisi a frange d’oro.
Ai lati dell’altare furono collocati altri due Gobelins del ‘700, che si trovavano nel Palazzo del Quirinale, fissati su scanni di legno intagliati: “La cena di Gesù” e la “Lavanda dei piedi”, che erano stati regalati da Napoleone a Pio VII, Barnaba Chiaramonti (1800-1823),
Un baldacchino sormontava l’altare con cornice e cimasa dorati.
Ai lati furono collocati sei  grandi candelabri di metallo dorato del ‘700 e fra un candelabro e l’altro , quattro superbi vasi, anch’essi di metallo, i quali contenevano quattro rami di fiori rarissimi.
Piante fiorite di aranci erano disposte sotto gli arazzi.
I sei magnifici candelabri di metallo dorato usati durante le nozze reali furono lasciati in regalo alla Basilica: sulla base degli stessi campeggia, su tutti i quattro lati, la scritta: V.E. III.

Sempre nella stessa cappella, entrando dalla porta a sinistra, vi è una lapide che così recita:

NEL CENTENARIO DELLE FAUSTE NOZZE DEI PRINCIPI
VITTORIO EMANUELE DI SAVOIA ED ELENA DI MONTENEGRO
FUTURI SOVRANI D’ITALIA
L’ASSOCIAZIONE REGINA ELENA DI SAVOIA
POSE IL 24 OTTOBRE 1996

Anche un altro Savoia, il principe Amedeo d’Aosta, ha lasciato un suo bel ricordo in Basilica: si tratta di quattro candelabri in legno dorato appesi sulle pareti del Transetto michelangiolesco, entro una cornice rotonda di marmo di Cottanello. La sua provenienza è stata scoperta nel 2000 durante un restauro quando è stato trovato incollato ad uno dei candelabri, un adesivo con su scritto: “Galleria privata di Amedeo di Savoia”, adesivo ora conservato tra le carte parrocchiali.
Un’ulteriore concreta testimonianza di Casa Savoia si trova nella Sala PIO IV ( già coro dei Conversi), cui si accede da una porta e controporta addossata al centro dell’abside pentagonale della chiesa o da altre due porte poste sul retro della sagrestia dove sono conservati paramenti e arredi sacri.

(Per inciso si ricorda che alle quattro pareti della sala figura oggi anche una recente moderna quadreria composta da acqueforti, litografie, acquarelli, disegni, fotografie, reperiti sul mercato antiquario, che illustrano la Basilica e le Terme di Diocleziano, mediante schede informative inserite in un apposito scaffaletto con orologio. I quadri sono stati donati alla Basilica dall’archivista, dr. Giuseppe Valeri, la cui documentazione  è stata ufficialmente inviata , per conservazione,  all’archivio diocesano lateranense in Via dell’Amba Aradam, tra i documenti interessanti la Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri: vedi lettera del Direttore dell’Archivio Storico Lateranense dr. Domenico Rocciolo del   4 aprile 2014).

La  sala Pio IV è arricchita da mobili sette-ottocenteschi di stile neo-barocco piemontese, provenienti dalle
Regge torinesi di Casa Savoia.
I mobili arredavano Palazzo Margherita in Via Veneto (oggi sede dell’Ambasciata americana a Roma), dove aveva abitato la Regina Margherita dopo l’assassinio del marito, Re Umberto I° , alla vigilia del Natale 1900, a Monza, per mano dell’anarchico Bresci.
I mobili che oggi fanno bella mostra di sé nella sala Pio IV, furono acquistati dall’allora monsignor Vittorio di Paola, parroco di S. Maria degli Angeli dal 1955 al 1983, ad un’asta pubblica indetta dall’Amministrazione  dei Beni Savoia.
Al centro della sala vi è un lungo, pesante tavolo di quercia scuro, attorniato da sedie moderne con spalliera rotonda e gambe dorate, ricoperte di velluto rosso, che fanno parte   di una dotazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ufficio Cerimoniale, usate per le manifestazioni civili ufficiali  che hanno luogo nella Basilica, essendo la Chiesa di proprietà dello Stato fin dal 1873.
Altri mobili dei Savoia sono distribuiti nei due ambienti della sala Pio IV.

(Le 150 sedie sono state ottenute dallo scrivente intervenendo presso il suo collega, Capo dell’Ufficio Cerimoniale a Palazzo Chigi, dr. Eugenio Ficorilli. Agli atti dell’archivio della basilica, esiste una lettera indirizzata dall’allora Parroco, Monsignor  Renzo Giuliano, dove si sottolinea  che pur essendo la chiesa carente di sedie esse  non erano da considerarsi una donazione ma un prestito permanente per essere  usate, in prevalenza. per le cerimonie ufficiali indette dalla Presidenza del Consiglio in occasione di funzioni funebri e ricorrenze patriottiche, nella Chiesa di Stato).

Tra le due porte di accesso dall’antisagrestia, nella parete di fondo, poggia una magnifica “commode” con alzata, di legno scuro di quercia,  con ai lati due semicolonnine divise da foglie d’acanto ed al centro una testina di leone con una decorazione floreale ai lati.
L’alzata riposa su un piano levigato dalla cornice intagliata con due leoncini che hanno una duplice funzione: quella ornamentale e di maniglie che, tirate, rivelano un ampio cassetto.
Al di sotto due sportelli al cui centro figura lo stemma sabaudo e ai lati due colonnine che terminano con una cornice attorniante l’intero mobile da dove spuntano due piccoli tetti sovrapposti intagliati a dentelli, separati dalle ripetute decorazioni floreali con teste di leoncini.
Sulla parete opposta, cui si accede con un gradino rialzato, altri tre bei mobili affiancati da seggiole.
Si tratta di due splendidi armadi, scolpiti e intagliati, in legno chiaro, anche questi sostenuti da leoni accovacciati. Le ante superiori sono chiuse da sportelli in vetro molato e istoriato a tondi multicolori; gli sportelli inferiori, in legno, sono riccamente scolpiti e al centro di ambedue figurano lo stemma sabaudo a due bande trasversali.
La fronte dei due mobili è arricchito da due agili semicolonnine ad ovuli rovesciati ricoperti da due foglie d’acanto, mentre il tetto degli armadi hanno una superficie aggettante riccamente intagliata.
Completa l’ambiente un pesante tavolo di legnodi quercia, dal piano scuro levigato e cornice dentellata con un unico piede centrale riccamente scolpito, in stile barocco piemontese, sostenuto da quattro leoni accovacciati.
Attorno alla parete undici sedie, una volta ricoperte di velluto rosso (ne rimane solo una, la dodicesima, come esemplare dimostrativo di come erano in origine), recentemente restaurate con sedile in pelle chiara come gli armadi, tutte ad alto schienale, il cui poggiatesta è singolarmente formato da due volute in mezzo alle quali sono scolpite erme di teste femminili.
Tutti i mobili sono ripieni di arredi sacri, anziché di libri antichi, essendo stata incendiata la biblioteca della Basilica che si trovava nel grande chiostro michelangiolesco ai tempi della seconda invasione napoleonica del 1800-1805.
Il chiostro era infatti stato adibito a scuderia per i cavalli ed a magazzini per  fieno.
L’ultima comparsa di un Savoia in Basilica si è avuto in occasione del matrimonio del Principe Emanuele Filiberto, figlio di Vittorio Emanuele e di Marina Doria, nipote del Re Umberto II morto in esilio a Cascais in Portogallo.
Il Principe Emanuele Filiberto ha voluto celebrare le proprie nozze in questa Basilica, e sullo stesso altare dove erano avvenute   quelle  del nonno, il  Re Vittorio Emanuele III con la Principessa Elena di Montenegro il 26 ottobre 1896
Il matrimonio è stata celebrato il 25 settembre 2003, all’altare maggiore della Basilica e benedette da S.E.R. il Signor Cardinale Pio Laghi, del Titolo di S. Pietro in Vincoli, Cardinalis Patronis del Sovrano Ordine di Malta.
Per l’occasione è stato stampato un bellissimo libretto per la liturgia delle nozze con riprodotte splendide immagini della basilica a colori.
Durante la Messa sono state eseguite musiche di Gluck, Corelli, Bach, Franck, Mozart, Purcell.

NOTA
Lettera del Direttore dell’Archivio Storico Lateranense  dr. Domenico Rocciolo indirizzata  al dr. Giuseppe Valeri.

ARCHIVIO STORICO DEL VICARIATO DI ROMA
Via dell’Amba Aradam, 3 – 00186 Roma
Tel. 06-69886322 – 06-69886323                                                 
Roma, 4 aprile 2014

Gentile Dottore,
            La ringrazio di avermi inviato la lista dei quadri che ha donato alla Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri. Ho provveduto ad unire la suddetta lista ai documenti della Basilica conservati in questo Archivio Storico Diocesano di Roma.
                        Colgo volentieri l’occasione per porgerLe i miei più sentiti auguri di una Santa Pasqua e per salutarLa cordialmente.

F.to   Dott. Domenico Rocciolo
Direttore

BIBLIOGRAFIA
Archivio parrocchiale di S. Maria degli Angeli e dei Martiri: Corrispondenza di Monsignor Vittorio Di Paola, parroco dal 1935 al 1983.

Marmi antichi – A cura di Gabriele Borghini - Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione – Ed. De Luca – 5a Ristampa  Roma 2004 – pp. 43-44-49 e p. 181 Cappella dell’Epifania, p. 189 Cappella di S. Giacinto.


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