S. Maria degli Angeli e dei Martiri
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UN PRINCIPIO NON ADERENTE ALLA COSTITUZIONE
 

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 La prima sezione della Suprema  Corte di Cassazione, con la sentenza n°4855/12,  ha stabilito che  non sussistaalcun danno  per  un bambino e  per il suo equilibrato sviluppo ,” vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale “.  Affermando tale principio devastante, si  sono avallati i “ desiderata “ di molti omosessuali che  aspirano ad allevare e far crescere , nel nuovo tipo di famiglia omoparentale, un bambino, senza però che   il Giudice, a nostro avviso,   si sia  chiesto se tale pronunzia  possa ritenersi  conforme o  meno alle norme costituzionali . Per evitare falsi fraintendimenti, tale desiderio di amore, paterno o materno,  è sicuramente dettato da una forte aspirazione di genitorialità,   encomiabile, ma non vi  si può però non intravedere  , soprattutto,  un eccesso di mero egoismo individuale, che si pone  in aperto conflitto  proprio con l’altro principio, questo a nostro avviso molto più forte e degno di tutela:  quello del minore, vale a dire il diritto di avere un padre maschio ed una madre femmina. La critica a tale decisione si badi bene, viene  sollevata, non per  denigrare l’omosessualità o la convivenza tra persone dello stesso sesso, legate da lodevoli vincoli affettivi, sicuramente apprezzabili, tant’ è che è giusto e legittimo  che tali convivenze  vengano legittimamente riconosciute  ma  allorchè  si  vengono  a coinvolgere i diritti della persona bambino,  nella impossibilità di esprimere il proprio pensiero , non può essere tale  diritto assolutamente  declassato ed  assoggettato all’egoismo di un adulto o alla sua aspirazione ad avere un figlio , né  il Giudice assecondando tale aspirazione dovrebbe imporre al minore una volontà non sua,  considerando che sarà   la  scelta fondamentale della sua vita futura.  Occorre, allora, dare la preferenza al  diritto costituzionale  del bambino nato o che nascerà , impedendogli  di   trovarsi “ manu militari” incluso in una famiglia  composta da due padri o due madri, perché così ha stabilito la Cassazione o lo Stato se riterrà di emanare una legge in tal senso. Tali considerazioni in merito alla sentenza  del Giudice Supremo, che avalla  ed impone un principio , non recepito da una società ritenuta retriva, ci inducono a ritenerla, con tutto il rispetto, non condivisibile, non per principio preso, ma perché  elude la norma  costituzionale che sino ad oggi tutela e riconosce con l’art.29 “ i diritti della famiglia come società  naturale  fondata sul matrimonio”., per cui è  doveroso attenersi . Si rafforza così, nel nostro animo,  un  principio fondamentale e cioè  che i legittimi diritti del bambino o di un nascituro,  proprio perché indifesi e non in grado di esprimere la propria volontà, non possono essere merce di scambio,  essendo persone e come tali  degne di rispetto , non    inseribili d’ufficio  fuori dalla realtà naturale , per cui  richiamando  quanto già scritto si appalesa l’ urgenza che i minori vengano tutelati da un difensore che possa far valere i loro diritti rispetto a tutti, genitori o stato compreso, proprio per sottrarli, ai giochi perversi degli adulti ed ai falsi pregiudizi ,che  pretenderebbero di tenerli fuori dai parametri del diritto naturale. Sarebbe stato  pertanto più corretto che il Supremo Giudice, si fosse  nella decisione  limitato a motivare l’affidamento del minore alla madre ritenendolo  più consono ,  rispetto a quello del padre ai fini della  educazione da impartire al  minore, astenendosi così dal  dettare un principio che stravolge il diritto naturale,e supera il limite costituzionale  anche riguardo alla educazione religiosa voluta dal padre, anch’essa disattesa dalla  Corte che l’ ha ritenuta non necessaria  per questo ragazzo conteso.

Giovanni Borrelli

 

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