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Il Principato di Montenegro
 

II Principe Danilo II Capo del Principato del Montenegro fu ucciso il 13 agosto 1860 a Cattaro e poiché non aveva figli maschi gli succedette il nipote Principe Nicola, che salì al trono con il nome di Nicola I.

Quando Nicola, il nuovo sovrano, salì al trono nel 1860, aveva diciannove anni, ma rivelò subito le sue doti caratteristiche: ingegno acuto, energia, preparazione culturale. Aveva studiato a Trieste, ed anche a Parigi, conosceva varie lingue, aveva cognizioni un pò in tutti i rami, era favorevole al progresso. Considerava il principato come uno specchio entro il quale doveva riflettersi la sua personalità dai molti aspetti in continuo sviluppo. Si dette perciò ad ogni sorta di riforme, s'interessò delle strade: era così difficile, nel Montenegro, andare da una località all'altra.

Nicola I, curando la viabilità, ci rivela uno dei tanti aspetti della sua opera di governo che si diramò nei diversi settori dell'istruzione, della sicurezza pubblica, e di un benessere basato sulla civiltà: in politica estera, esordì con una breve campagna militare contro i Turchi nel 1862, prese parte nel 1876-77-78 alla guerra russo-turca, ottenne l'indipendenza ufficiale del principato, e poté proseguire nell'impulso di progresso che imprimeva al paese.

II Montenegro, da secoli, era legato strettamente a Pietroburgo. Da quasi duecento anni gli Zar largheggiavano in favori e premure verso il paese e verso i dinasti. Naturalmente, questo sentimento era più politico che platonico, e significava, in poche parole, che la grande Russia contava sul piccolo Montenegro come su un fedelissimo sostegno per le sue aspirazioni balcaniche ed antiottomane, per la vigilanza che si assumeva sull'Oriente europeo, per il controllo sulla politica austro-ungarica. Stretto legame di cui l'Europa era consapevole, e che dava un risalto ben singolare alla Montagna Nera sull'inquieto orizzonte europeo. Da quei poggi un principe audace guidava la propria gente senza incertezze e senza debolezze. Era consapevole egli stesso di quanto fosse vitale per il paese e per la dinastia l'amicizia di Pietroburgo, e l'accettava francamente, lealmente: lo Zar poteva contare su lui, egli non avrebbe tradito. «Oh la Russia - era solito esclamare - è ben popolosa! Ha trecento-mila montenegrini e centoventi milioni di moscoviti!».

L'importanza politica del Montenegro era, dunque, in proporzione inversa all'estensione di esso. Ciò spiega come a Cettigne allignassero le rappresentanze - dapprima consolari con mansioni diplomatiche, poi strettamente diplomatiche - anche di grandi potenze. La vita, intanto, nella minuscola capitale, era una singolare fusione di semplicità tradizionale, e di larghezza principesca, nella quale la dinastia dei Petrovich era l'anima di tutto, e costituiva il perno non soltanto di qualsiasi attività politica e delle relazioni con l'estero, bensì anche di tutta la civiltà e delle costumanze entro i confini del principato. Era una dinastia autoctona, sorta dalla storia stessa del Paese, e di questa storia era espressione, guida, e forza di propulsione: e ciò aiuta a capire quanto fosse intenso il vincolo patriottico che la univa al popolo, e l'amore forte che tutti i membri di essa nutrirono verso il Montenegro, e serbarono anche dopo il crollo della monarchia.

(Da Carlo d'Amelio e Roberto Ventura, La Regina della Carità, Roma Natale 1993)

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