La “Predica di S. Gerolamo” si trova nel transetto, lato destro
verso il presbiterio, con accanto “Un miracolo di S. Pietro” di
Francesco Mancini che confina con la Cappella Albergati e di fronte ha la “Crocifissione
di Pietro” di Nicola Ricciolini.
Dobbiamo ricordare che a partire dal 1727 furono trasferite a S. Maria degli
Angeli, sotto i pontificati di Benedetto XIII, Pier Francesco Orsini (1724-1730)
e Clemente XII, Lorenzo Corsini (1730-1740), le 12 grandi pale d’altare
che attualmente si trovano, quattro nel presbiterio e otto nella navata trasversale,
allorché quei papi decisero di sostituirle, nel nuovo S. Pietro, con
copie in mosaico corrispondenti alla grandezza dei nuovi altari e per salvare
i quadri dai guasti dell’umidità. Il trasferimento fu completato
sotto il pontificato di Benedetto XIV, Prospero Lambertini (1740-1758), come
ricorda l’iscrizione che si legge in alto, sulla parete d’ingresso
della basilica, lato interno, che così recita:
BENEDICTO XIV PONT. MAX.
QUOD IN VATICANA BASILICA COLLOCATIS
E VERMICULATO EMBLEMATE STRUCTIS ALIQUOT TABULIS
EGREGIAS PICTURAS INDE AMOTAS HUC TRANSFERRI IUSSERIT
CARTHUSIANOS AD NOBILISSIMAM AEDEM EXORNANDAM
TANTO MUNERE IMPVLERIT CARTH. ORDO.
Per accogliere tutte queste opere imponenti, l’architetto Clemente
Orlandi, preposto alla direzione dei lavori di ristrutturazione di S. Maria
degli Angeli prima di Luigi Vanvitelli, modificò il sistema decorativo del presbiterio
chiudendo le finestre michelangiolesche e aprendone delle nuove, alterando l’intero
sistema d’illuminazione; dovette poi procurarsi, con il tamponamento di tre
degli arconi all’incrocio dei bracci del transetto, superfici murarie sufficientemente
vaste per porvi quei dipinti di misura affatto comune.
Secondo le ultime ricerche, l’alterazione del progetto michelangiolesco,
fu dovuto, in gran parte, non tanto al Vanvitelli, che intervenne in un momento
successivo, quanto a Clemente Orlandi.
Come si desume dalle “Vite” del pittore e scrittore d’arte
Giovanni Baglione (Roma, 1573-1664), la “Predica di S. Girolano”,
fu eseguita durante il pontificato di Gregorio XIII Ugo Boncompagni (1572-1584),
da Gerolamo Muziano per l’altare del Santo omonimo in S. Pietro, dove
però fu sostituito dalla copia musiva della più celebre composizione
“ Ultima Comunione del Santo”, che il Domenichino aveva dipinto
per la chiesa di S. Girolamo alla Carità in Roma.
Nota Guglielmo Matthiae: La “Predica di S. Girolamo” è una delle più apprezzate
opere del Muziano nella quale lo studio dei grandi modelli cinquecenteschi si
traduce in una solenne e compassata monumentalità con equilibrate contrapposizioni
di masse e atteggiamenti. Tuttavia ciò che conferisce maggiore originalità alla
pittura del Muziano e la differenzia da tanto manierismo sciatto e convenzionale
è il suo colorismo di sicura reminescenza lombarda e particolarmente bresciana,
le sue luci grigie e argentee che danno alle notazioni paesistiche un gustoso
carattere quasi notturno. Ciò forse contribuì ad accentuare anche quella sua
melanconica serietà che non riesce a tradursi in una schietta persuasione e
chiarezza psicologica. Di tale individualità pittorica, che comunque spicca
nell’ambiente romano del tardo Cinquecento, la “Predica di S. Girolano” è una
delle espressioni più significative.
Il quadro è robustamente inquadrato in un paesaggio umbro con le figure in primo
piano di S. Girolamo, S. Francesco ed altri santi. In secondo piano un paesaggio,
ritenuto la campagna di Assisi, cui sembra aver posto mano il pittore belga
Paolo Brill (1554-1626).