S. Maria degli Angeli e dei Martiri
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Il Tempo
  sabato 18 febbraio 2006 «È la prima grande opera d'arte sacra. Quando il rettore della Basilica me la propose non volevo accettare» di Gabriele Simongini

DALLA «Dea Roma» all'Annunciazione e al Cristo Risorto, dal mito classico al cuore della fede cattolica. Igor Mitoraj, artista polacco di nascita e italiano d'adozione, è uno dei maggiori scultori internazionali e si distingue soprattutto per il gusto delle grandi sfide creative, quelle che ad altri farebbero tremare le mani. È noto in tutto il mondo per la sua inquieta visione della bellezza classica, frammentata, ferita ma insopprimibile e ora affronta invece per la prima volta l'arte sacra in un'opera che lo consegnerà alla storia anche per il carisma del luogo che l'ospiterà. Il 28 febbraio saranno infatti inaugurate le sue porte bronzee della Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri, in Piazza della Repubblica, la monumentale e straordinaria chiesa progettata da Michelangelo in osmosi con le antiche Terme di Diocleziano. Del resto Mitoraj ama infinitamente la nostra città e per essa ha realizzato il volto-fontana della Dea Roma in Piazza Monte Grappa. Ma ora la sfida che sta per concludersi con la collocazione delle porte a partire da lunedì è veramente titanica, per mille motivi. Ce li racconta in anteprima lo stesso Mitoraj, impegnato a seguire a Pietrasanta l'ultima rifinitura delle porte. Che cosa ha significato per lei passare dagli dei ed eroi classici alla Vergine annunciata, all'Arcangelo Gabriele e al Cristo Risorto? «Questa per me è la prima grande opera d'arte sacra. Due anni fa ho realizzato un'Annunciazione in marmo ma certo non si può fare un paragone con le porte di Santa Maria degli Angeli. Devo confessare che quando monsignor Renzo Giuliano, rettore della Basilica, mi propose di affrontare questa sfida, io non volevo accettare. Ero terrorizzato dalla maestosità e dalla grandezza del luogo che reca impressa la titanica genialità di Michelangelo e che al tempo stesso è radicato nella romanità. E poi le porte mi sembravano gigantesche, troppo, ognuna di tre metri di larghezza per sei metri e mezzo di altezza. A poco a poco, il fascino e l'aura della Basilica mi hanno conquistato e non ho potuto dire di no. In realtà il passaggio dal mondo classico a quello cristiano non è stato per me così traumatico come si potrebbe pensare, anche per il fatto che il luogo stesso è una chiesa che sorge sulle basi delle Terme di Diocleziano. C'è una continuità fra la classicità greco-romana e il cristianesimo, tanto che gli angeli stessi nascono in parte dai motivi iconografici degli Eroti e delle Vittorie. In ogni caso per molti aspetti ho interpretato il cristianesimo da un punto di vista mitico». E che soggetti ha scelto per le due porte? «A sinistra ho dato immagine all'Annunciazione con l'Arcangelo che arriva dall'alto verso Maria in ascolto. Naturalmente i corpi a grandezza naturale sono resi per frammenti evocativi, secondo la mia concezione della forma. Nell'altra anta, quella della Redenzione, c'è la figura del Cristo Risorto che si fa tutt'uno con la Croce che infatti si incide nel suo stesso corpo. Ho concepito Gesù come una figura giovane e bella, ormai purificata dalla sofferenza. In entrambe le porte sullo sfondo è appena accennato la spazio del mondo mentre in alto compaiono teste di angeli. Ma ho modellato le due porte anche all'interno, con le figure degli Arcangeli». Che cosa vuole comunicare al fedele o al passante? « Prima di tutto ho cercato di rinnovare la tradizione rappresentativa delle porte basilicali, eliminando qualsiasi aspetto banalmente descrittivo e anche la struttura a scomparti e formelle. I miei pannelli sono sostanzialmente lisci e il bronzo avrà più sfumature di patine, una verde, una color ruggine e una terracotta. Vorrei donare al fedele una stazione di meditazione, delle immagini su cui riflettere in mezzo alla luce naturale che scenderà sulle porte. È giunto il momento che solo i veri artisti si occupino d'arte sacra perché lungo il XX secolo troppe brutture sono state spesso messe nelle chiese. E bisogna recuperare un rapporto di dialogo autentico fra architetto ed artista».

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