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La malintesa autonomia della coscienza
 

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Il mondo occidentale, accentuando il valore autonomo dell'uomo, lo sta sottraendo con una strisciante politica sensistico consumistica dalla, a suo avviso, umiliane tutela del divino, diffondendo una deleteria indifferenza religiosa, che la Chiesa con grande sforzo cerca di arginare.

Tale pseudo cultura, impone alle masse modelli di vita superficiali ed inconsistenti, indicandoli come valori da imitare e seguire, nonostante essi non perseguano alcun bene comune, ma solo gretti interessi economici, imponendo ridicolizzanti banalità ripetute costantemente, in modo da non consentire alcuna revisione critica di tali messaggi, che i mezzi di comunicazione divulgano.

Avviene così, che emarginando il sapere metafisico e religioso, con il concorso di una pseudo tecnica scientifica, la comunità subisce una evidente degradazione, con consequenziale inaridimento sino a perdere ogni riflessione interiore, pervenendo ad uno stato di alienazione e solitudine ineguagliabile.

Questa martellante comunicazione ha sortito l'effetto che i criteri di condotta morale, si stanno a poco a poco modificando, tanto da indurre l'individuo a compiere azioni di ogni tipo che, qualora avesse ancora delle forze critiche repellenti, sicuramente non si verificherebbero né costituirebbero grave allarme sociale.

Ci si deve allora chiedere se il malinteso senso di libertà ed autonomia dell'uomo, istigato a sottrarsi dal sacro, non stia comportando una modificazione non della introspezione della coscienza che è e rimane indelebile, ma operi sul senso di irresponsabilità degli atti compiuti da quella cosiddetta coscienza soggettiva, che non valuta più in alcun modo la gravità degli errori che possono essere commessi.

Punire pertanto i colpevoli, al solo scopo di conferire sicurezza sociale, non vuol dire consentire di far comprendere gli errori morali delle azioni compiute, proprio perché andrebbe invece riscoperto quel concetto filosofico cristiano di voce interiore della coscienza, che accomuna ogni uomo e fa apprendere e sentire quali inclinazioni sensibili non debbano essere effettuate.

Coscienza, dunque, come giudizio della ragione verso i comportamenti dell'uomo in quanto il significato di coscienza è “cum-scire” vale a dire esser cosciente di qualcosa, conoscerlo bene.

Ne discende, pertanto, che il valore dell'esistenza umana, che è sicuramente imprescindibile, comporta inevitabilmente che la tematica esistenziale non venga assolutamente dissociata dall'Incondizionato quale luce interiore della ragione, vale a dire Sommo Bene e quindi verso Dio.

Ecco la vera affinità dunque tra il cristianesimo e filosofia critica, nella comune concezione dell'uomo e del rapporto di vita per la realizzazione del proprio destino.

Rapportarsi così alla voce interiore, al dialogo con l'Incondizionato, alla vera coscienza, non sostituisce Dio col nulla proprio per evitare che l'evento della creaturalità non diventa un esserci senza un perché finalistico e quindi un salto verso un destino di terribile solitudine interiore.

Giovanni Borrelli

 

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