S. Maria degli Angeli e dei Martiri
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Genesi Cinquecentesca
  Dal Sogno Urbanistico di Pio IV alla Speculazione Edilizia di Monsignor De Merode

L'idea di Antonio Lo Duca di realizzare una chiesa dedicata alla Madonna degli Angeli entro le Terme di Diocleziano, si viene ad inserire nel programma urbanistico di Pio IV (1559-1565), divenendo uno dei poli della sua politica di espansione verso la zona alta della città. Il punto di partenza, la direttrice di sviluppo, è la via Pia e non è un caso (una simile impostazione si rileverà anche nel piano di Sisto V) che tale strada serva da collegamento, anche se in parte solo ideale, fra varie residenze papali e poli ideati dallo stesso Pontefice. Infatti tale asse direzionale parte dalla residenza papale di S. Marco e dal vicino palazzo dei SS. Apostoli, residenza del nipote del Pontefice Carlo Borromeo, tocca la vigna di Montecavallo, quindi gli Horti Bellaniani, divenuti alla morte del Cardinale Du Bellay proprietà dello stesso nipote e poi occasionale residenza pontificia, ed infine passa tangenzialmente al mausoleo di S. Maria degli Angeli fino ad arrivare a Porta Pia (questi ultimi veri e propri monumenti "personali" del Papa) ( figura 88 ). La vigna di Montecavallo, prima proprietà dei Carafa e poi di Ippolito d'Este, comprende, nella pianta di Leonardo Bufalini (1551) ( figura 89 ), due edifici, di cui uno, non si sa a quale titolo, viene ceduto al Pontefice. Tale atto è probabilmente da mettere in relazione con la donazione al cardinale d'Este, da parte di Pio IV, di un appezzamento confinante con la vigna lungo l'Alta Semita. Nel 1561 sono documentati molti soggiorni del Papa nella vigna di Montecavallo, così come molti lavori di muratura e di giardinaggio dal 1560 al 1563.

La residenza di S. Marco, il palazzo dei SS. Apostoli e la vigna di Montecavallo, secondo un progetto dello stesso Michelangelo, dovevano essere collegate da una triplice scalinata, quale prolungamento della via Pia. Tale soluzione dovette però essere accantonata per difficoltà tecniche, per cui la via Pia inizierà dalla sommità del Quirinale.

Molto si è discusso sulle innovazioni urbanistiche di Pio IV: in effetti l'antica via Semita a quei tempi doveva essere ancora perfettamente funzionale, per cui la nuova arteria non propone nuovi collegamenti, né tanto meno riduzioni di percorso o miglioramenti, per cui, per definirla con le parole di James Ackerman è “una specie di lungo invaso spaziale, concluso ad una estremità dall'imponente facciata della Porta e dall'altro dalle colossali statue dei Dioscuri, e delimitato sui lati da muri interrotti da episodi architettonici armonicamente inseriti nel complesso”.

La via Pia è quindi concepita come un colossale asse scenografico, in una zona di alto valore qualitativo, e non come la spina dorsale di un nuovo quartiere, ed è singolare il fatto, prescindendo dalla partecipazione di Michelangelo, peraltro mai menzionato nei conti, che il Papa si facesse dare un contributo dalla Camera Apostolica, caso veramente straordinario per opere viarie.

Dal confronto della pianta di Roma di Leonardo Bufalini (1551) ( figura 89 ), anteriore a tale intervento, con quella successiva di Mario Cartaro (1576) ed ancor meglio con quella di Stefano Du Pérac Lafréry (1577) ( figura 88 ), balza evidente la trasformazione urbanistica della zona. A seguito della nuova rete viaria giardini e ville vanno sempre più prendendo il posto della campagna, conferendo alle zone alte del Quirinale del Viminale e dell'Esquilino una vocazione di carattere residenziale di élite, collegandole nel contempo sempre più intimamente con il centro storico tradizionale.

Altro fattore determinante da un punto di vista urbanistico è la nuova utilizzazione delle Terme di Diocleziano, voluta da Pio IV, con la creazione della chiesa di S. Maria degli Angeli e del convento dei Certosini.

Per tale fabbrica egli mette a disposizione i fondi della Camera Apostolica, incarica Michelangelo del progetto della chiesa, convince il cardinale Farnese a cedere il terreno necessario per la costruzione del convento e della vigna ed induce lo stesso nipote Carlo Borromeo a mettere a disposizione dei frati gli Horti Bellaniani.

Tutto ciò comporta il rovesciamento del fronte delle Terme. Infatti nell'antichità l'ingresso principale del complesso termale era opposto a quello odierno, mentre Michelangelo, o per intuizione dei futuri pesi urbanistici della città o per necessità pratiche dei Certosini, fa aprire la chiesa in connessione con le due direttrici costituite dalla via di Termini, fra Castro Pretorio, il Viminale e la Chiesa di S. Maria Maggiore da una lato, e la via Semita, fra Porta Pia e la parte bassa della città dall'altro. A tali assi longitudinali fa riscontro l'altro asse, ad essi trasversale, dalle Terme al Viminale, che ingloba nel suo percorso l'Esedra che, come spazio antistante la chiesa di S. Maria degli Angeli, entra a far parte dello spazio urbano, anche se planimetricamente rientra ancora nell'antico recinto termale.

Infatti nel progetto michelangiolesco, oltre l'attuale ingresso prospiciente l'Esedra, erano previsti altri due ingressi alle estremità nord-ovest e sud-est, poi chiusi per la costruzione delle cappelle di S. Brunone e del Beato Nicolò Albergati, la prima nel 1700, la seconda nel 1746. Comunque l'intervento del Buonarroti nella parte alta della città, prescindendo dalle singole opere architettoniche (S. Maria degli Angeli, Porta Pia) si estende in campo urbanistico a quelli che saranno gli indirizzi di sviluppo di tale zona.

Tale reinserimento dell'antico complesso termale nella vita della città, senz'altro positivo, viene però a coincidere con l'inizio dello smembramento delle Terme stesse, che nella Roma del cinquecento ancora rappresentavano un contenitore di notevole ampiezza e maestosità. Così anche alla luce del pensiero politico e religioso del tempo (non bisogna dimenticare che era il periodo della Controriforma) l'unico contenuto pensa bile era una chiesa con annessa una struttura conventuale. Comunque, accanto alla finalità religiosa, nella bolla del 27 luglio 1561, Pio IV sottolinea anche la preoccupazione di salvare “tanta veneranda antichità da un irreversibile degrado”.

Successivamente Gregorio XIII (1572-1585), in occasione del giubileo del 1575, utilizzerà altri ambienti delle Terme, adiacenti alla chiesa di S. Maria degli Angeli, come granai. L'esecuzione di tali lavori è affidata a Martino Longhi, su progetto, probabilmente, del Mascherino, conservato presso l'Accademia di S. Luca ( figura 90 ).

La data dell'intervento è riportata su una lapide allora al centro della facciata ( figura 91 ), ora decentrata verso sinistra. L'emblema della politica religiosa e del sogno urbanistico di Pio IV viene "snaturato" dalla nuova funzione di centro annonario, che andrà sempre più caratterizzando la zona.

Anche Sisto V (1585-1590), fin dalla primavera del 1586, ha in animo di trasferire qui la "Fiera di Farfa", ed a tale scopo, due anni più tardi, fa costruire a fianco della "Porta Quirinalis" le "Botteghe" ed il "Granaro" che, secondo quanto riportato negli Avvisi e dallo stesso architetto Domenico Fontana, sono destinati a sviluppare il carattere commerciale della zona. Infatti, anche quando non si attuerà più tale trasferimento, le "Botteghe" saranno affittate ad imprenditori ed artigiani setaioli. Ciò potrebbe spiegare la presenza di un immenso lavatoio pubblico alle spalle dell'Acqua Felice, realizzato utilizzando vecchie strutture termali, la cui organizzazione è già definita nel 1588 ed è legata alla Chiesa di S. Susanna e quindi alla Confraternita di S. Bernardo. Questa Confraternita stava particolarmente a cuore a Sisto V, che la trasferì nel 1586 nella chiesa di S. Susanna, il cui restauro iniziò proprio in quell'anno.

In tal modo il Pontefice cercò di trasformare un'opera assistenziale in una attività produttiva. Il lavatoio verrà chiuso alla morte di Sisto V.

Nel 1588 nella piazza viene anche trasferito il mercato settimanale del bestiame, che fino ad allora si teneva a Campo de' Fiori.

In un Breve del 1589 si ha addirittura notizia che Sisto V volesse realizzare nella piazza delle Terme di Diocleziano un grande porto sull'Aniene, dopo averne deviato il corso, per facilitare il trasporto a Roma di calce e travertino. Tale progetto, fortunatamente mai realizzato, avrebbe rafforzato il carattere di centro commerciale e produttivo della zona di Termini, ma avrebbe completamente stravolto la chiesa di S. Maria degli Angeli e le stesse Terme di Diocleziano.

Tale mancanza di considerazione per le antichità è dimostrata anche dal fatto che, proprio sotto il pontificato di Sisto V, si ha la sistematica demolizione dei "massivi di Terme" per l'ampliamento e la regolarizzazione de “la piazza per scoprire la chiesa di S. Maria del Angioli che si possa vedere la porta principale di detta Chiesa...” ; le macerie vengono utilizzate per riempire le buche delle strade o per la vigna del Pontefice, o vengono portate via dai privati senza averne in cambio alcun pagamento. Il documento, infatti, cita testualmente: “... delli pezzi grossi sono stati portati via da diverse persone ma senza pagamento alcuno e tutto l'altro calcinaccio si è portato parte a riempire tutta la strada che viene dalla Suburra all Vignia di Nostro Signore et parte alla strada felice. .. et parte nella strada nova dove sono gli archi del Aqquedutti che viene alla piazza di Termine dietro alla Vignia di Nostro Signore et riempito in diversi altri luoghi…”.

Addirittura in uno dei tanti Chirografi che Sisto V concede al suo architetto Domenico Fontana si legge: “... Havendo ... noi. .. commandatovi che levaste marmi pietre et simili dove le trovaste a proposito che fossero in opera in qualunque loco fossero. .. et altri marmi... nelle anticaglie di Termini . .. Per la presente affermiamo et diciamo il tutto essere stato d'ordine et espresso commandamento nostro, et perciò non vogliamo siate tenuto à renderne mai conto à nessuno ne tampoco siate incorso in pena o censura alcuna.. .”.

Nonostante le distruzioni perpetrate, l'intento di Sisto V è quello di sviluppare la zona, definita in una Bolla del 1590 come "Borgo Felice di S. Bernardo", oltre che come centro produttivo della città insediandovi strutture annonarie, anche come centro residenziale, realizzando opere di pubblica utilità, strade ed acquedotti, e concedendo privilegi ed immunità a coloro che vi sarebbero andati ad abitare o che vi avrebbero costruito. Certo è che in tal modo la politica urbanistica sistina "dimentica" volutamente il polo di riferimento di S. Maria degli Angeli, spostandolo, per ovvi motivi, sulla propria residenza. Invece, continuando la politica di Pio IV e di Gregorio XIII, che volevano privilegiare la zona con la costruzione di ville e giardini al fine di qualificarla favorendo l'insediamento soprattutto dei ceti produttivi, oltre alle facilitazioni concesse, Sisto V promuove la creazione di poli legati ad istituti religiosi ed alla stessa corte papale. In tal senso sono da intendersi la ricostruzione della chiesa di S. Susanna, l'ampliamento e l'acquisizione da parte della Camera Apostolica della residenza papale del Quirinale, già iniziata da Gregorio XIII, qualificandone la piazza antistante con lo spostamento delle statue dei Dioscuri in asse con Porta Pia. La residenza del Quirinale deriva dall'unione di due ville preesistenti, la villa Carafa, su via della Dataria e la villa di Ippolito d'Este sulla via Pia.

Tale edificio, cominciato da Ottaviano Mascherino, proseguito da Domenico Fontana, da Flaminio Ponzio, da Carlo Maderno e quindi da Gian Luigi Bernini, divenne la rèsidenza dei Pontefici fino a Pio IX.

La maggior incentivazione alla zona è quindi data dalla nascita di villa Montalto. Sisto V possedeva fina dal 1576 il primo nucleo di tale villa, che sarà poi ampliata dal 1585 al 1589, con acquisizioni più o meno forzose, fino a raggiungere da un lato la chiesa di S. Maria Maggiore, eretta a sepoltura papale, e dall'altro la chiesa di S. Maria degli Angeli e le Terme di Diocleziano, verso cui si apriva l'ingresso principale di villa Montalto: la "Porta Quirinalis" di Domenico Fontana, affiancata dal "Palazzo Termini" e dalle "Botteghe di Farfa" ( figura 92 ) - ( figura 93 ).

L'interesse che il Pontefice nutre verso tale villa è suffragato dal progetto, manifestato in un Avviso del 27 luglio 1588, di cambiare addirittura l'orientamento della chiesa di S. Maria degli Angeli per renderla simmetrica a quello che era diventato l'ingresso principale di Villa Montalto: “... [ha] ordinato ... che la porta della Chiesa, che risponde hora nel mezzo della detta piazza, si faccia all'incontro del giardino di Sua Beatitudine, mutandosi per questo la nave di essa chiesa.. .”. Ne progetta una nuova facciata con un portico davanti al quale avrebbe innalzato una colonna con una statua della Vergine ( figura 94 ).

Ed è appunto la presenza della villa Montalto la chiave per capire il piano urbanistico sistino nel Rione Monti: quello ufficiale proclamato nella Bolla del 13 febbraio 1586 e spiegato più dettagliatamente dallo stesso architetto Domenico Fontana, sembra trovare realizzazione solo in funzione dell'utilità della villa. Ciò è comunque comprensibile, se si pensa che a Roma, di norma e da tempo, gli interessi privati della famiglia pontificia venivano a coincidere con il pubblico interesse come già lo era stato per lo stesso Pio IV.

L'attività urbanistica di Sisto V trova entusiastici sostenitori dopo la definizione data da Sigfried Giedion nel suo libro "Spazio, Tempo, Architettura", Milano 1954, di "primo urbanista moderno", basandosi anche sugli studi eruditi del primo novecento, che avevano accertato, mitizzandoli, gli interventi sistini. Carlo D'Onofrio, invece, nella sua opera "Gli obelischi di Roma", Roma 1967, ne dà un giudizio molto restrittivo, come di "ultimo urbanista medioevale", limitandone l'opera alla sola utilità di villa Montalto. Tale critica ha però portato ad una migliore valutazione dell'attività sistina, cogliendone sia i lati positivi che negativi anche in funzione di quanto iniziato dai suoi predecessori. Certamente il piano sistino non trovò totale realizzazione, perché si andava a sovrapporre ad un tessuto urbano preesistente, per cui fu possibile attuarlo solo dove le zone erano più libere da condizionamenti.

Sisto V diede anche maggiore importanza alla normativa urbanistica: istituì una Congregazione delle strade, ponti ed acquedotti e portò il numero dei Magistri Viarum, carica già istituita da Pio IV, da due a quattordici, uno per ogni rione. Certo è che le nuove arterie: la via Felice, la strada di Porta S. Lorenzo, che oggi non esiste più, via del Viminale e l'attuale via Marsala delimitano villa Montalto e la collegano con il resto della città. Tuttavia si devono intendere anche come tessuto connettivo di una zona, l'interesse per la quale era precedente a Sisto V, che va sempre più consolidandosi quale sede di ville Coltre villa Montalto sorgono villa Ludovisi e villa Strozzi), di grandi superfici inedificate utilizzate a vigne ed a orti, e successivamente a giardini a servizio dei palazzi sorti lungo i fronti stradali.

Quindi il piano sistino, esulando da ogni interpretazione aulica si basa su esigenze sia pratiche, di connessione fra le varie attività urbane, sia religiose, di più facili collegamenti fra le chiese romane.
Sintomatica, a tal proposito, è l'iscrizione posta sul nuovo acquedotto Felice presso Porta S. Lorenzo: “Sisto V Pont. Max. fece porre, lunghe et larghe à sue spese ambe le vie, che conduce a Santa Maria Maggiore et à Santa Maria de gli Angeli, per commodità et devotione del popolo, nell'anno del Signore 1586, il primo del Pontificato”.

Uguale discorso vale per il progetto di portare l'acqua Felice al Rione Monti. Lo stesso Carlo D'Onofrio documenta l'inizio di tali lavori sotto il Pontificato di Gregorio XIII con lo scopo di approvvigionare di acqua sia il palazzo pontificio del Quirinale, sia tutta la zona; Sisto V, appena nominato Papa, si appropria del progetto e del merito: in un'iscrizione fa incidere le parole «suo sumptu extruxit», mentre i fondi gli erano stati dati dal Comune; l'unica modifica apportata: la mostra anziché davanti alla chiesa di S. Maria degli Angeli, è costruita all'angolo di via Pia. È ovvio che tale acquedotto servisse anche villa Montalto.

Dopo gli interventi sistini, ben riconoscibili dal confronto delle piante di Stefano Dù Pérac Lafréry (1577) ( figura 98 )e di Antonio Tempesta (1593) ( figura 95 ), la zona intorno alla chiesa di S. Maria degli Angeli subisce delle nuove trasformazioni, che non sono però legate a piani più ampi di sviluppo che interessano l'intero quartiere, ma alle celebrazioni degli anni giubilari.

Sotto il pontificato di Clemente VIII (1592-1605), in occasione dell'Anno Santo del 1600, sulla sommità del Quirinale è completato il restauro della chiesa di S. Susanna, è sistemata la piazza antistante ed aperta la via omonima; nella rotonda nord-ovest delle Terme di Diocleziano viene ricavata la chiesa di S. Bernardo (1598-1600).

Nel 1625 vengono realizzate, sulle pendici settentrionali del Quirinale, la chiesa di S. Nicola da Tolentino e, poco discosta da S. Susanna, la chiesa di S. Maria della Vittoria, sotto il pontificato di Urbano VIII (1623-1644) su progetto di Carlo Maderno. Sempre in occasione di tale Giubileo, oltre che per esigenze militari, viene ampliata la piazza del Quirinale, che diventa così l'elemento qualificante della zona. Nella seconda metà del seicento Carlo Fontana progetterà di interporre fra le statue dei Dioscuri l'obelisco, che allora si trovava davanti a palazzo Barberini. Verso la metà del settecento Luigi Vanvitelli ideerà una sistemazione molto vicina all'attuale. L'assetto definitivo del gruppo Dioscuri-fontana-obelisco sarà poi realizzato sotto Pio VII (1800-1823) da Raffaello Stern nel 1818, che collocherà sotto la stele egizia una coppa monolitica di granito scuro proveniente dai Fori.

Per il 1675 viene sistemata, ad opera di Carlo Rainaldi, la tribuna della chiesa di S. Maria Maggiore, quale fondale della via Felice. Ancora agli Anni Santi, in particolare a quello del 1750, è legato il restauro della chiesa di S. Maria degli Angeli ad opera di Luigi Vanvitelli, sotto il pontificato di Benedetto XIV (1740-1758). Ormai il prospetto principale della chiesa è diventato quello prospiciente piazza delle Terme, dove nel 1744 sono documentati lavori di sistemazione a destra della stessa con la costruzione di un muro per regolarizzare “la difformità dei risalti e ritiri che formano li muri delle antiche Terme” ( figura 96 ), che servivano da ricetto ai malviventi e da discarica pubblica.

La via Pia rimane la strada privilegiata della zona: lungo il suo tracciato, nel corso del XVII secolo, sorgono la chiesa di S. Carlo alle Quattro Fontane con il convento dei Trinitari, la chiesetta di S. Cajo, demolita per far posto al Ministero della Guerra, unitamente alle chiese di S. Teresa e dell'Incarnazione con l'annesso convento delle Carmelitane.

Tra la metà del XVII secolo e la metà del XVIII, gli interventi più rilevanti gravano sempre sull'asse della via Pia: la chiesa di S. Andrea al Quirinale, sotto il pontificato di Alessandro VII (1655-1667), ad opera di Gian Lorenzo Bernini, il palazzo della Consulta, terminato nel 1739, su progetto di Ferdinando Fuga, il quale realizzerà anche la cosiddetta "Manica Lunga" quale sistemazione del palazzo del Quirinale nella parte prospiciente la via Pia, sotto il pontificato di Clemente XII (1730-1740). Oltre a tali emergenze, non si hanno consistenti interventi edilizi: lungo la via Pia la costruzione di palazzi interessa principalmente il primo tratto fra il Quirinale e S. Bernardo, lungo il tratto successivo i fronti restano inedificati e vi si affacciano direttamente gli orti e le ville.

La piazza Termini continua nel XVII secolo a svolgere la funzione di centro commerciale: Clemente VIII realizza un nuovo edificio per l'Annona accanto alla chiesa di S. Maria degli Angeli, Paolo V (1605-1621) consolida tale situazione, Urbano VIII ne amplia l'area arrivando a congiungersi con la mostra dell'Acqua Felice. Ugualmente nel XVIII secolo, Clemente XI (1700-1721) continua tale opera di ampliamento, fino ad arrivare ad un assetto definitivo del complesso, ad opera di Luigi Vanvitelli, verso il 1742, sotto il pontificato di Benedetto XIV. A ciò è da aggiungersi il fatto che nel 1658, sotto il pontificato di Alessandro VII, secondo la testimonianza di Fioravante Martinelli che elenca i mercati di Roma, davanti alle Terme si teneva il mercato del bestiame, qui trasferito dai Fori ( figura 91 ).

È da notare, comunque, dalla seconda metà del seicento in poi, un certo scadimento nell'interesse dei Pontefici per le zone alte della città, in quanto il loro impegno è rivolto verso la città bassa. Ciò si può riscontrare anche nel fatto che tra la fine del cinquecento e l'inizio del seicento da Pio V a Paolo V, i Pontefici si fanno seppellire nella chiesa di S. Maria Maggiore, mentre da Urbano VIII in poi dispongono le loro sepolture in S. Pietro.

Fra il seicento ed il settecento, comunque, tutte le aree intorno alle Terme, non impegnate da edifici, mutano il loro carattere agricolo in quello di parchi o giardini annessi a ville o a conventi. Tale situazione è facilmente riscontrabile dalle documentazioni cartografiche dell'epoca, ed in particolar modo da quella di Giovan Battista Nolli del 1748 ( figura 98 ): le aree a sud, ad est e a nord delle Terme sono libere da fabbricati. A nord i giardini più consistenti sono quelli dei Costaguti, dove ora sorge l'Ambasciata di Inghilterra, quello degli Alberini, degli Olgiati, dove ora sorge piazza Indipendenza, ceduto ai primi del settecento al Noviziato dei Gesuiti, che l'amplieranno fino a raggiungere l'antico recinto del Castro Pretorio.

A sud delle Terme troviamo: villa Montalto, passata ai Negroni, villa Rondanini, villa Quarantotto, villa Lattanzi, mentre ad ovest ed a sud-ovest sorgono villa Strozzi, scomparsa con l'apertura di via Nazionale, villa Du Bellay, che comprende l'emiciclo dell'Esedra, annessa al convento di S. Bernardo, e gli orti delle Barberine, dietro la chiesa di S. Teresa. Ad est, a partire da Porta Pia e prospicienti la via omonima, si trovano villa Cicciaporci, villa Mandosi, villa Barberina e più all'interno villa Cesi e la grande villa Ludovisi, già passata ai Boncompagni.

Tale situazione di stasi edilizia dura per buona parte del 1800: dal confronto fra le piante di Giovan Battista Nolli (1748) ( figura 98 )e di Pietro Ruga (1824) ( figura 99 )l'aspetto di Roma alta appare inalterato.
L'unica iniziativa per utilizzare le Terme è il tentativo di inserirvi una manifattura industriale per l'imprimatura delle telerie "calancà", istituita con Breve di Clemente XIV (17691774), nel 1772, gestita fino al 1806 dalla Camera Apostolica e poi dal Governo francese.

Anche durante la dominazione francese le uniche trasformazioni urbane sono quasi insignificanti: le uniche novità sono rappresentate dalla nascita dalla nascita della Villa Paolina, nei pressi di Porta Pia, quale residenza della sorella di Napoleone Bonaparte, e dal passaggio alla famiglia Torlonia di villa Costaguti.

Le Terme sono trasformate in caserma per le truppe francesi con le ben immaginabili conseguenze, aggravate da un incendio scoppiato nel 1865; i Certosini, per rientrare dalle spese sostenute per i continui restauri, affittano i locali. Come si vedrà in seguito, la collocazione della stazione centrale nei pressi delle Terme porta un vantaggio agli stessi Certosini: gli affitti aumentano: “Per formarsi un giusto criterio della diversità degli affitti dei locali medesimi è necessario di ben distinguere due epoche differenti; cioè l'epoca anteriore allo stabilimento della Stazione Centrale delle Linee Ferroviarie sulla Piazza di Termini, e l'epoca posteriore a detto stabilimento…”.

Mariasanta Valenti

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