UN AMANTE DEL BELLO E DELLE ARTI
Giovanni Francesco Albani nacque ad Urbino nel 1649. Creato cardinale nel 1690,
dieci anni dopo veniva innalzato al soglio di Pietro e prendeva il nome di Clemente
XI. È stato un papa che ha attraversato tutto il primo ventennio del
1700 (moriva infatti nel 1721), un periodo difficile politicamente per i contrasti
tra la Francia e l'Impero culminanti con la guerra di Successione spagnola.
Periodo difficile anche dal punto di vista dottrinario per il diffondersi del
Giansenismo che egli condannò con le bolle «Vineam Domini»
del 1705 e «Unigenitus» del 1713.
Papa Albani fu un uomo molto colto e raffinato grazie all'educazione che ricevette
al suo arrivo a Roma, all'età di 19 anni, ed alle frequentazioni illustri.
Giunto nella città, infatti, Gianfrancesco fu accolto nel salotto della
regina Cristina di Svezia dove si incontravano letterati, poeti, musicisti (come
Corelli., Scarlatti e Pasquini) ed anche prelati come Giulio Rospigliosi, papa
col nome di Clemente IX (1667-9), autore egli stesso di testi teatrali. Consigliere
e poi erede di Cristina, morta nel 1689, era il Cardinale Decio Azzolini di
Fermo, che aveva fatto giungere a Roma dalle Marche i pittori Carlo Maratti
e Giuseppe Ghezzi, affidando a quest'ultimo prevalentemente compiti di restauro,
inserendoli nella raffinata cerchia della sovrana. Alla «corte»
di Cristina, il Cardinal Azzolini introdusse il giovane e brillante Gianfrancesco
il quale, nel 1687, vi teneva una apprezzatissima prolusione su Giacomo II Stuart,
paragonandolo a Costantino nella sua difesa del Cristianesimo. Morta Cristina,
i letterati Gravina e Crescimbeni, quest'ultimo anche lui marchigiano, davano
vita, in nome dell'illustre defunta, all'Accademia dell'Arcadia. E l'Albani,
all'interno della nuova Accademia, prese, nel 1695, il nome di Arete Melleo.
Quando, nel 1696, si celebrò il centenario dell'Accademia di San Luca
(in realtà i 101 anni), con grandi manifestazioni che furono organizzate
dal Ghezzi, Accademico dal 1674, l'Albani vi intervenne come socio d'onore.
Divenuto papa, Gianfrancesco non dimenticò il suo passato di cultore
di tutte le arti, anzi le considerò sempre un utilissimo strumento di
propaganda. A condividere i suoi interessi c'erano, tra i tanti, in primo luogo
i suoi nipoti Alessandro ed Annibale, quest'ultimo collezionista ed intenditore
di antichità e letterato. Sarà in seguito Alessandro, all'epoca
ancora molto giovane, a proseguire nell'interesse per l'archeologia che in lui
divenne prioritario tanto da fame il maggior cultore dell'arte antica, amico
del Winkelmann e committente della Villa Albani sulla Salaria. Nell'entourage
di papa Albani c'era anche un altro prelato colto e progressista, che aveva
arricchito le sue conoscenze con un soggiorno a Parigi, Passionei di Fossombrone
che, nella sua casa romana, fondò, nel 1704, il circolo «Tamburo»
che si faceva promotore della diffusione delle idee.
L'Albani aveva un vivo interesse anche per le scienze. Fu all'epoca del suo
pontificato, infatti, che operò Giovanni Maria Lancisi, il celebre medico
attivo all'ospedale Santo Spirito in Sassia, nominato medico papale.
Tra gli interventi, le acquisizioni e le committenze riferiti al papato dell'Albani
ricordiamo: l'acquisto della biblioteca di Cassiano Dal Pozzo; opere di restauro
e di abbellimento nelle principali basiliche romane; interventi (soprattutto
porticati e decorazioni pittoriche) nelle chiese di San Teodoro, Santa Maria
in Trastevere, Santa Maria in Cosmedin, San Grisogono, San Clemente e nel Pantheon.
L'architetto più attivo fu Carlo Fontana. Tra gli interventi urbanisticamente
più cospicui vanno ricordati il Porto di Ripetta e il Complesso del San
Michele. Ma sono i pittori Carlo Maratti e, in seguito, Francesco Trevisani
gli interpreti più sensibili della devozionalità del papa.
Alla figura di papa Albani, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali
ha dedicato una mostra dal titolo «Papa Albani e le Arti a Urbino e a
Roma 1700-1721», presso il Complesso del San Michele che proprio l'Albani
aveva fatto costruire. La mostra, a cura di Giuseppe Cucco, responsabile dei
Beni Culturali dell' Arcidiocesi di Urbino, si è avvalsa di numerose
prestigiose collaborazioni tra cui quelle degli studiosi Paolo Dal Poggetto
e Claudio Strinati.
L'esposizione romana ha proposto accanto agli splendidi dipinti di Maratti,
Trevisani e di Alessio De Marchis, le sculture di Camillo Rusconi, la serie
dei bozzetti per la decorazione di San Clemente (Conca, Chiari, Ghezzi), nonché
oggetti d'epoca di grandissimo fascino: monete, arredi sacri, mobili, porcellane,
libri, parati in seta francese. Tra gli oggetti più curiosi vi era una splendida
tiara in calamo di penne (tolte le piume) intrecciate e ricoperte di fili d'argento.
Il catalogo, edito dalla Marsilio, resterà documento fondamentale per
chiarire un'epoca che da un lato conserva tutto il gusto per la retorica del
bello e della ricchezza che fu propria del Barocco ma che lo coniuga con l'amore
per le novità e l'attenzione per la medicina, la ricerca e l'archeologia
che saranno tipici del secolo dei lumi.
Stefania Severi