S. Maria degli Angeli e dei Martiri
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Spiritualità e classicità nei portali di Igor Mitoraj
  Un segno contemporaneo per un messaggio religioso (Carlo Chenis)
From www.santamariadegliangeliroma.it:carlo_chenis, Eventi

D'ora in poi l'asse di Via Nazionale, oltre a raccogliersi prospetticamente sul nicchione del calidarium delle Terme di Diocleziano, troverà afflato classicheggiante e aura sacrale nelle ante dei portali bronzei che in esso si aprono. Il merito va allo scultore Igor Mitoraj che nuovamente offre il proprio genio per incrementare nell'Urbe il fascino dell'autoctona vocazione, e classica, e cristiana. Lo fa con due scultore in funzione di portale, che enfatizzano con eleganza semplice e ordito ponderato gli stilemi classici del monumento termale per raccontare con forme essenziali e spiritualizzate il titolo dedicatorio del sacro edificio. Ne deriva una felice contaminatio di classico e di cristiano, che bene si addice ad introdurre i fedeli nella Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri , faustamente ospitata nell'area del tepidarium dioclezianeo.

Negli affascinanti interventi romani, tanto effimeri quanto duraturi, Mitoraj riaccende l'attenzione alla classicità per ovviare trascuratezze e distrazioni dovute all'abitudine e alla fretta. Tanto il cives romanus , che vanta de iure l'iscrizione nella Città Eterna, quanto il viandante foresto, che sogna de facto l'appartenenza a tale scrigno di civiltà, sono invitati ad una esperienza approfondita nei penetrali del genius loci . Ivi ogni segno esteriore rivela la sostanzialità di un equilibrio interiore. Siffatte forme, che rifuggono dall'appariscenza decorativa per vantare appannaggio metafisico, sono evidenziate dallo splendor formae abitualmente infuso da Igor Mitoraj.

Con la presente scultura, il Maestro, intuendo e amando modernità e classicità, stupisce il fruitore contemporaneo che, seppur distratto e frettoloso nell'andirivieni di Piazza della Repubblica, non può rimanere indifferente dinanzi alle fascinose ed enigmatiche fusioni di forte richiamo per il monumento. Non è imitatore, bensì inventore. Non propone mode classicheggianti, ma intuisce la natura naturans che ha fatto giganteggiare la classicità e, nel contempo, patisce, l' aridità naturata , che ha abbruttito la modernità. Le sue forme sono eleganti, conservando tanto la compostezza formale degli stilemi classici, quanto l'energia spirituale della civiltà natia. La sua composizione essenzializzata rieduca gli animi alla nobiltà del sentire, spogliando l'immaginario dall'affastellamento iconografico, ridando sacralità all'arte per via pulchritudinis , riaprendo nell'individuo il parametro interiore.

Per modellare i portali della Basilica Mitoraj si è messo in ascolto della mens architettonica dioclezianea ed è entrato in risonanza con il «non finito» michelangiolesco. Empaticamente ha rivisto quanto Antonio Lo Duca ha avuto in visione, memorando le gesta dei cristiani che nella costruzione delle terme hanno conquistato la palma del martirio e invocando l'ausilio degli angeli i cui attributi sono di buon auspicio per il cammino umano. Evangelicamente ha raccontato quanto Dio ha donato all'uomo attraverso il «sì» di Maria, assecondando il convincimento che « non è lecito inventare una religione, bisogna sapere che cosa è avvenuto tra Dio e l'uomo, come Dio ha sancito certi rapporti religiosi che bisogna conoscere per non diventare ridicoli o balbuzienti o aberranti. Bisogna essere istruiti» ( Paolo VI, Allocuzione Incontro con gli artisti nella Cappella Sistina , 7 maggio 1964) . Nella scultura, dunque, alla reminiscenza classica, che enfatizza le memorie archeologiche romane, subentra l'afflato religioso, che indica la persistente destinazione cristiana.

Finalmente un'opera che sintetizza romanità e cristianesimo. Un'opera che annuncia Cristo con il linguaggio della contemporaneità, nel rispetto delle rationes seminales classiche e nella esclusività della innovazione evangelica. Un'opera che nobilita scenograficamente il sistema urbano e attrae spiritualmente al mistero religioso. Dopo tanta paccottiglia, che ha investito i luoghi della fede religiosa e del vissuto pubblico, Mitoraj ridona sacralità liturgica alle «porte del tempio» e confacenza urbana all'intorno dell'Esedra, generando un casto connubio di magia espressiva e di valori cristiani. I suoi manufatti bronzei, deliziosamente estetici e ancestralmente apotropaici, s'impongono perciò su altre opere del genere, dove sono evidenti illustrativismi bolsi, stilemi incongrui, iconografie illeggibili.

Contesto storico e religioso
Nella tradizione cristiana la porta di una chiesa annuncia il sacro edificio, esprimendo tanto i connotati cristologici quanto quelli dedicatori. Mitoraj sviluppa per questo una trama cristologica, dall'incarnazione del Verbo alla resurrezione di Cristo, così che i portali, pur esenti dalla convezione progettuale dell'unicità, indicano unitariamente Cristo «alfa e omega». In tale trama il Maestro non dimentica la Vergine Madre , invocata nella dedicazione del Tempio con il titolo di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri . Ne consegue che a completamento del titolo, nell'icona dell'Annunciazione il Maestro cita la memoria angelica, mentre in quella della Resurrezione propone il ricordo dei martiri.

Spigolando nella storia, siffatta dedicazione si esplicita nel culto dei «sette arcangeli», derivato da una tradizione in parte apocrifa per lungo tempo osteggiata dal Magistero. Questa è rifluita nella compilazione della Messa dei Sette Arcangeli da parte del teologo siciliano Antonio Lo Duca che dopo la Sicilia promosse anche in Roma siaffatto culto. Ciò a seguito di una sua visione, ascrivibile al 1541, ambientata nelle Terme di Diocleziano. In tale evento, ritenuto soprannaturale, il pio sacerdote vide «una luce più che neve bianca» fuoriuscire dal pavimento termale e salire verso il cielo. Recatosi poi nell'aula termale, non del tutto in rovina, segnò in quattordici pilastri i nomi dei sette arcangeli, noti alla traditio apocrifa, e dei sette martiri, ritenuti asserviti alle terme.

Per quanto concerne gli arcangeli, tre sono canonici, sebbene il primato biblico spetti solamente a Michele. Questi sono iconografati negli attributi riferibili all'azione divina mediata da tali puri spiriti. «Così Michele significa: Chi è come Dio? , Gabriele Fortezza di Dio , e Raffaele Medicina di Dio » ( Gregorio Magno , Omelie sui Vangeli , 34, 8-9). Sono poi da aggiungere i quattro arcangeli apocrifi. Jeudiele reca il cartiglio «Deum laudantibus premia retribuo», che ne sottolinea la missione di remunerator , per cui è identificato dagli attributi della corona e del flagello. Sealtiele reca il cartiglio «Oro supplex et acclinis» specificante l' orator , così che è iconografato in atteggiamento di preghiera. Barachiele reca il cartiglio «Adiutor ne derelinquas nos» specificante l' adiutor , per cui è immaginato nell'atto di distribuire rose. Uriele reca il cartiglio «Flammescat igne charitas», specificante l' ardor , così che è figurato dalla spada infiammata. Fondamento di questa tradizione può essere ritenuto il libro di Tobia che parla di «sette angeli che sono sempre pronti ad entrare alla presenza della maestà del Signore» ( Tb 12,15). Tuttavia, il culto non venne approvato dal Magistero, se non con il pontificato di Giulio III che accogliendo le istanze dell'amico Lo Duca, decretò il titolo di Santa Maria dei Sette Angeli . A confermare tale dedicazione della Basilica ai Sette Angeli è la pittura in abside raffigurante la Madonna con il Bambino circondata da Sette Angeli , che Lo Duca medesimo fece dipingere a Venezia, facendola copiare da un mosaico presente nella Basilica di San Marco.

Per quanto concerne la memoria santorale, il titolo dedicatorio riferisce del martirio di sette cristiani collegato alla costruzione dell'immensa fabbrica voluta dall'imperatore Diocleziano. Nella visione di Lo Duca compaiono infatti al centro del tepidarium i martiri Saturnino, Ciriaco, Largo, Smaragdo, Sisinnio, Trasone e Marcello papa.

La destinazione cristiana di tale edificio pagano fu osteggiata da Paolo III, concessa da Giulio III, ma realizzata solo da Paolo IV. Questi, con una Bolla datata 27 luglio 1561, ordinava la nascita di una chiesa nelle antiche terme di Diocleziano, che con un Breve , emanato per concederne l'ufficiatura ai Padri Certosini, intitolava alla Beatissimae Virgini et omnium Angelorum et Martyrum . Nella edificazione intervenne Michelangelo che propose un restauro conservativo e integrativo di buon rispetto dell'architettura termale.

La complessa e seducente storia del monumento offre a Mitoraj l'occasione di richiamare i demoni della classicità e del rinascimento per modellare un'opera che palpita di visioni soprannaturali e di epopee martiriali.

Simbologia architettonico e spaziale
L'insolita collocazione dei varchi di ingresso alla Basilica ha costretto Mitoraj ad un'attenta considerazione del contesto e del significato. Ponendosi, infatti, in un nicchione a laterizio tali varchi non sono allineati sul fronte della facciata, bensì posti su una parete concava, così da specchiarsi obliquamente l'uno sull'altro, a modo di quinta scenica. Per questo il Maestro ha configurato le ante con artifici speculari a chiasmo, tenendo conto del sistema prospettico. Quale citazione romana ha creato il reticolo superiore in forma di grata; quale significato cristiano ha configurato l'ordito iconografico emergente dall'orbe terracqueo. Il complesso, pur enfatizzando la memoria archeologica, richiama il portale romanico-gotico, così che la scansione tra un varco e l'altro si fa reminiscenza del trumeau reggente gli architravi, al fine di assorbire l' opus latericium nel sistema iconografico, quasi a commento simbolico della vicenda storica di Gesù nel suo pellegrinaggio stazionale da Betlemme a Gerusalemme.

Il Maestro mostra di comprendere l'importanza simbolica della porta, così da incastonare la sua opera nell'architettura. Nell'essere varco, la porta si accompagna ad un sistema di chiusura e di apertura, proponendosi come passaggio controllabile tra zone diverse. Umile o grande che sia, il suo attraversamento costituisce un atto importante del vissuto quotidiano per cui facilmente si ritualizza, sia negli usi domestici, sia in quelli pubblici, sia in quella religiosi.

La porta separa da «ciò che è fuori» e spesso annuncia «ciò che è dentro». Nelle porte di casa si esprime il gusto degli occupanti non solo attraverso il nome o lo stemma, ma anche con un design originale che simbolizza il senso di appartenenza. Nelle porte delle città murate si esprimeva la valentia degli abitanti, così che la possanza delle forme architettoniche diventava deterrente contro i male intenzionati. Le porte di luoghi pubblici – scuole, ospedali, negozi, fabbriche, ricreatori, caserme, carceri – connotano l'ambiente, suscitando con simbologie culturalmente riconoscibili, emozioni specificamente diverse di rispetto, ansia, desiderio, gioia, sicurezza, timore e quant'altro. Anche le porte più anonime non perdono il valore simbolico, poiché indicano la massificazione di tante abitazioni urbane o la volontà di privacy in innumerevoli persone. Da ultimo, le porte dei cimiteri e dei sepolcri simboleggiano l'ideologia funeraria di una civiltà, annunciando, nel dubbio o nella certezza, la speranza o la disperazione per ciò che s'intravede oltre la vita.

Ne consegue che i portali plasmati da Mitoraj acquistino eminente connotazione simbolica, sia all'esterno sia all'interno. Oltre, infatti, ad evidenziare l'inculturazione della fede nelle memorie pagane, preannunciano le strutture del tempio alla collettività. Tanto le ante bronzee, nella loro essenziale figuratività su entrambi le facce, quanto il nicchione laterizio, nella sua connotazione absidale, indicano «Cristo, ieri, oggi, sempre». Il complesso che ne deriva raggiunge la dovuta nobiltà, dove maniera e modernità, eleganza e classicità, romanità e cristianità, si coniugano per dare immagine al compiersi del mistero cristiano nella storia.

Con quest'intervento Mitoraj intensifica figurativamente il simbolo architettonico, indicando come le porte della Basilica simbolizzino le porte del Regno. Varcando quelle con animo contrito e spirito risoluto il credente può aspirare e pregustare di varcare queste nella speranza del perdono e del premio. Quanto esemplato unisce dunque al segno architettonico il racconto storico e il simbolo salvifico, così da condurre all'invocazione degli arcangeli, al fine di accedere « ad Jesum per Mariam ».

Valore biblico e liturgico
Elemento peculiare della porta è il mistero di Cristo figurato nell'Antico Testamento e attuato nel Nuovo. Nel contesto della simbologia biblica la porta rappresenta il passaggio tra due realtà diversificate. Essa qualifica, soprattutto, l'ingresso di Gerusalemme, luogo che rappresenta, sia il misconoscimento di Dio, per cui sarà distrutta come città umana, sia la riconquista di Dio, per cui sarà ricostruita come città celeste. Diventa perciò icona di Cristo proclamatosi vera porta dell'ovile (cf Gv 10,9).

Nel contesto biblico la porta è segno polisemico, talvolta ambivalente, che entra nel corredo dei tipi veterotestamentari e degli antitipi neotestamentari. L'ideologia biblica attribuisce pertanto al segno della porta una simbologia teologica esplicitata da narrazioni mitico-storiche, al fine di evidenziare la religione dell'incarnazione nel suo riferimento umano-divino. Emerge in tal senso il significato di mistico varco controllato da Dio che può essere aperto o chiuso. Se aperta, la porta indica la possibilità offerta all'uomo di accedere al sacro (cf 1 Cor 16,9) ed evidenzia la divina accoglienza (cf Giob 31,32). Se chiusa, esprime l'idea di proteggere chi è dentro (cf Gv 20,19) e di non accogliere chi è fuori (cf Mt 25,10). La sacralità della porta e del suo attraversamento raccoglie l'istanza del ritorno a Dio da parte del popolo che da ramingo senza meta si fa pellegrino verso la meta indicata dal Signore. È il culto che stabilisce la relazione tra l'umanità turbata dal peccato e il Signore che la riscatta con la sua grazia. All'uomo viene concesso di varcare le soglie del tempio a condizione di aver percorso un cammino di penitenza e di preghiera, onde confermare la fedeltà all'alleanza e acquisire il senso della giustizia (cf Sal 15; 24; Is 33, 15 s). Il segno liturgico di tale attraversamento viene espresso dal salmista: «Apritemi le porte della giustizia: voglio entrarvi e rendere grazie al Signore. È questa la porta del Signore, per essa entrano i giusti» ( Sal 118,19-20).

Nell'ambito ecclesiale il segno della porta offre un percorso di senso biblicamente fondato, in cui emerge progressivamente la connotazione liturgico-sacramentale. Da una parte, è segno che indica, sia l'accoglienza divina nella Chiesa dove «nessuno è estraneo» ( Paolo VI, Omelia Negli splendori dell'Immacolata , 8 dicembre 1965), sia la soprannaturale munificenza della Chiesa, sacramento universale di salvezza. Dall'altra, manifesta l'impegno dei credenti a varcare le soglie dell'edificio cultuale con animo penitente e gioioso, poiché il dono della conversione comporta anzitutto la coscienza di incontrare Cristo, proclamatosi vera porta dell'ovile (cf Gv 10,9). Il passaggio attraverso la porta del tempio stimola l'emozione estetica e la catarsi mistica. Tendono così ad unirsi l'intelligenza della natura, che permette di comprendere quanto narrato dalla porta in tutte le sue parti, e l'intelligenza della fede, che sospinge a trasformare l'atto esteriore del passaggio in « itinerarium mentis et cordis in Deum .

Nella prospettiva rituale, spazio e figura assumono connotazione soteriologica onde evidenziare, mediante la rievocazione memoriale, il compiersi in Cristo dell' eventum salutis e la sua attualizzazione cultuale. Astrazione e figuratività si coniugano in un insieme iconicamente leggibile che stupisce, diletta, ammaestra. Anche i portali per Santa Maria degli Angeli e dei Martiri , hanno valore cultuale dal momento che la loro funzione è liturgicizzata divenendo immagine cristologica, elemento rituale, strumento catechetico, opera artistica. Quanto modellato da Mitoraj si offre dunque ai fedeli nei termini di lectio divina , espressa in forma sensibile coerentemente alla logica dell'incarnazione. È ipostasi del «sì» di Maria, raccolto dall'angelo Gabriele che trova compimento nella resurrezione di Cristo ed emblema nel sangue dei martiri; è invito alla santificazione del vissuto nell'« ad Iesum per Mariam », invocando la custodia degli angeli ed emulando l'eroismo dei martiri.

I portali della Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri ricoprono, dunque, notevole rilevanza culturale ed evangelica. Da una parte, disegnano l'ingresso al luogo di convocazione ecclesiale, dall'altra, ostentano la bellezza nel segno dell'arte contemporanea. Poiché allocate in un luogo di intenso flusso turistico e urbano, muovono alla curiosità e alla memoria verso il sacro edificio, assumendo connotazione apologetica. La loro bellezza ne evidenzia il simbolo, come si addice alla logica dell'incarnazione, secondo cui i contenuti spirituali abbisognano di segni sensibili. Pertanto, funzione, struttura, ornamentazione non sono tra loro separabili, così che stipiti e battenti, rilievi e forme, patine e figurazioni, sono componenti di un'unica narrazione cultuale dove figurativo e astratto, architettura e scultura, fogge e materiali, parlano la stessa lingua, ponendosi come segno di Cristo e invitando gli «uomini di buona volontà» a riunirsi in santa assemblea.

I portali di Mitoraj risignificano i volumi romani in termini cristiani, così da ripetere l'operazione rispettosa ma novatoria di Michelangelo, allorquando trasformò tale edificio pagano in tempio cristiano. Diventano perciò «luogo» cultuale specchiato sul sagrato, mediante il quale ci si introduce e ci si congeda dalle azioni sacramentali celebrate in Basilica.

Istanza socio e culturale
Il corredo simbolico dei portali modellati da Mitoraj per Santa Maria degli Angeli e dei Martiri viene a costituire l'elemento di maggiore identificazione esterna, tanto da assumere valore di sineddoche , ovvero di parte esprimente il tutto. Tale sistema iconografico è catechesi e cherigma sul sensus Ecclesiae , per cui assume la funzione di araldo che accoglie, invita, presenta, chiede, emoziona. Accoglie il fedele ad entrare per celebrare i divini misteri. Invita il lontano ad introdursi per ascoltare l'annuncio del vangelo. Presenta la particolare destinazione d'uso del monumento archeologico. Chiede un atteggiamento devoto invitando alla conversione, al raccoglimento, alla preghiera. Emoziona con la bellezza delle forme che evidenziano l'importanza dei contenuti.

I portali di Mitoraj sono elemento di forte richiamo e di intensa suggestione. Di fronte ad essi è difficile rimanere indifferenti in quanto la connotazione estetica e la pregnanza religiosa provocano, seducono, catechizzano. Avvolti dall'abside, seducono con lo splendore di forme, provocano con la essenzialità di segni, catechizzano con l'epopea di Cristo. Intelligenza, sentimento, volontà sono attratti dall'iconografia del manufatto, cagionando nell'indifferente curiosità e nel fedele devozione.

I portali della Basilica hanno altresì valenza funzionale e mistica. Controllano l'entrata e l'uscita, affinché la «sala della banchetto» sia protetta e significata. Sono segno di benedizione e di monito a quanti l'attraversano, poiché ricordano di indossare l'abito nuziale e di disporsi all' obsequium fidei . Di conseguenza, chi oltrepassa tali soglie deve impegnarsi a rispettare il luogo in cui sta entrando; deve mostrasi recettivo nei confronti di quanto l' habitat annuncia. I portali diventano perciò metafora del «giogo soave» e del «peso leggero» a cui fa riferimento Gesù, poiché non rappresentano un attraversamento umiliante, pur richiedendo disciplina, non sono un peso gravoso, pur richiedendo fatica. La loro struttura non rassomiglia infatti al giogo crudele sotto cui dovevano passare i vinti o al peso severo delle porte di un maniero. Si tratta di varchi circoscritti, ma sufficientemente ampi; sono ante possenti, ma apribili. L'iconografia che li contrassegna dà fascino e chiarisce i contenuti, per sollecitare l'ascesi interiore, inducendo a varcare le soglie con «spirito risoluto e cuore contrito».

Ne deriva che i portali sono un simbolo religioso riflesso nel vissuto sociale, onde proporre l'instaurazione della «civitas Dei». Sono sintesi iconica del tempio, il quale a sua volta è immagine del mondo; sono apertura sull'aldilà, di cui il luogo sacro è anticipazione; sono luogo di accoglienza, grazie al quale i credenti accedono ai divini misteri; sono elemento di separazione dal «secolo presente». Queste connotazioni fanno dei portali un supporto narrativo in tutte le loro componenti strutturali ed espressive.

Messaggio iconografico e artistico
Mitoraj si mostra geniale nel concepire un componimento sacro che rievoca l'impianto romano. Da un ordito più statico di arcana paganità – come documentano disegni e bozzetti – il Maestro perviene ad una realizzazione più movimentata nella ieratica classicità. Mentre il primo bozzetto è maggiormente architettonico, l'opera eseguita è maggiormente scultorea. Tuttavia, già dal bozzetto s'evince la maestria dell'artista nell'intuire il genius loci , così da trattare il tema con significanti classici e significati cristiani e da svolgerlo in termini che sormontano di buon grado l'antifigurativismo della modernità.

Nella loro struttura i due portali sono scanditi da ante e lunetta. Questa è risolta in grata entro cui si incorniciano teste a guisa di fregio. Quelle attestano la narrazione dedicatoria con un unico dramma in due atti scenici interfacciati. Nell'esterno delle ante è trattata la complessa dedicazione del sacro edificio; nell'interno compaiono grandi figure di angeli con l'intento di custodire la devozione dei christifideles .

Il portale di sinistra tematizza il mistero dell' Annunciazione dell'Angelo a Maria Vergine , quello di destra annuncia il mistero della Resurrezione di Cristo . Entrambi gli eventi non hanno testimoni per cui obbligano all' obsequium fidei . Il fondo rappresenta l'orbe terracqueo attraverso campiture glabre e stesure increspate che indicano la trasformazione del chronos in chairos , cioè del tempo cronologico in tempo spirituale, onde annunciare la progressiva restaurazione in Cristo di tutte le cose mediante questi tempi ultimi della storia. A custodire grazie a Dio tale appannaggio sono gli angeli e a realizzarlo in Cristo sono i santi. Paradigma dell'umanità redenta è Maria, che si fa portavoce di salvezza e immagine della Chiesa.

Il portale dell'Annunciazione
Il portale di sinistra fissa l'evento dell'annunciazione a Maria. L'iconografia della Madonna degli Angeli è insolita, anche se indovinata in riferimento alla dedicazione. Infatti, l'annunciazione di Nazareth si coniuga alla gloria del cielo, così che è l'ancella di Nazareth a proferire nell'umiltà il proprio «sì» dinanzi all'arcangelo Gabriele ed è la Madre di Dio a godere la lode imperitura degli angeli e dei santi. Maria è immersa nel mondo, ripiegata e «dormiente». Traspaiono timore e tremore, cagionati dall'accondiscendere all'incarnazione del Verbo. Maria è elevata sopra il mondo, magnificata dagli angeli e dai santi che ne cantano le lodi. Le due scene si sovrappongono unendo la contingenza dei fatti storici alla trascendenza dell' eventum salutis . L'atmosfera è sacrale nell'adombramento e nella consolazione, grazie alla rievocazione storica dei fasti di Nazareth che si risolve in mistero tremendo e fascinoso, come mostrano le angeliche teste talvolta bendate. Numericamente gli angeli sono sette, quale reminiscenza dedicatoria della Basilica. Sei sono distribuiti nell'ordito della grata, a cui si aggiunge Gabriele in alto sull'anta sinistra.

Quanto alla forma espressiva le figure rivendicano compassati stilemi classici. Raffaele è guerriero alato. L'immaginario di creature alate non è requisito della cultura cristiana che desume innumerevoli significanti iconografici da quella pagana, attivandone la risignificazione biblica. Vittoria alata , Eros psycophoros , Geni alati , personificazione di Psiche e dei Venti , hanno costituito un suggestivo spunto anche per Mitoraj, che adottando una svettante ala ha simbolizzato la levità della natura angelica e la velocità di intervento nel mondo del divino messaggero. Il Maestro sembra ispirarsi alla Nike nella modellazione dell'ala pluripennata e agli imperatori nel plasmare il busto loricato. Maria è invece leggiadra korai in acconciatura romana, quasi a simulare una statua monca presa a prestito dall' antiquarium ospitato nelle Terme. Il panneggio è avvolgente e leggero, così da aggraziare il corpo che si conclude con un capo modestamente acconciato sul cui viso il Maestro lascia trasparire l'estasi dell'innamoramento mistico.

Il portale della Resurrezione
Il portale di destra tematizza la resurrezione di Cristo. Svetta la croce, fortemente incisa nel torso del Signore che fuoriesce dal mondo, come da sepolcro che lo ha trattenuto per i tre fatidici giorni. Siffatta croce è gloriosa, ridotta ad impronta scavata, poiché l'obbrobrio è stato vinto e Cristo si è fatto primizia di coloro che sono con lui. Ancora una visione di terra e cielo, di storia martiriale e di metastoria paradisiaca. Mentre sulla terra l'irradiazione della croce trova icona nei martiri che hanno effuso il loro sangue, testimoniando Cristo e «questi crocifisso», nel cielo la visione di Cristo è offerta ad ogni servo «buono e fedele», il cui nome è ivi già scritto grazie alla santità di vita. Ecco, allora, la diaspora dei martiri figurata sulle campiture delle ante e la schiera degli eletti ordinata nel reticolo della lunetta.

L'iconografia del Risorto è felicemente risolta in torso decapitato di grande potenza plastica, quasi a significare che l'attuale visione di Dio è per «per speculum in enigmate» e a memorare che Cristo ha lottato come gladiatore contro l'impero delle tenebre. La presenza dei martiri nella diaspora del mondo è iconizzata attraverso volti che emergono dalla terra, a modo di maschere da tragedia che ricordando la follia per Cristo indicano la pienezza della vita. Tali testimoni della fede emergono dalla terra riconsacrando il mondo.

Quanto alla forma del Risorto, Mitoraj riesuma la fonte ispiratrice di Michelangelo, onde porlo a nume tutelare della Basilica in cui intervenne in modo egregio e novatorio. La foggia ricorda infatti il Torso del Belvedere che affascinò il Buonarroti, così da introdurlo agli stilemi classici e all'invenzione rinascimentale. Entrambi i Maestri non copiano le apparenze, ma colgono la forza intrinseca, che intuiscono nei classici e ripropongono ai coevi. Entrambi si riscattano in un'esperienza ontologica e in un tormento religioso, lasciando spazio all'inquietudine e all'estetizzazione, senza rinunciare all'utopia della perfezione e all'illuminazione del divino. Rinascimentale è anche l'antropocentrismo cristologico, secondo cui l'uomo, purificato dalla croce e attratto dalla croce, può ritrovare bellezza e santità.

Conclusione
La riconversione delle terme in basilica è un segno eloquente della plantatio Ecclesiae attraverso un'opera di trasformazione in misura di Cristo. Nell'alveo della consolidata tradizione cristiana, siffatta riconversione è però attenta a non cogliere sacralità pagane, bensì le rationes seminales offerte dalla classicità. Dunque, la lezione di Mitoraj fa rivivere la metodologia primigenia del cristianesimo, allorquando si mutuavano i linguaggi classici, ma si escludevano i significati pagani. L'odierna cultura occidentale è chiamata a riappropriarsi del proprio passato per scoprirne l'anima cristiana. Le grandi vestigia cristiane hanno ancor oggi «le porte aperte» per accogliere i fedeli, comunicando loro fede e arte.

I portali di Mitoraj celebrano l'annuncio della fede cristiana in un importante crocevia urbano. Nel bronzo è fuso quanto si desidera imprimere nell'animo di ogni credente, adottando la bellezza estetica quale veicolo di splendore mistico. Tali sculture sono perciò edificante frammento del vangelo predicato «oportune et importune». La composizione in bella mostra potrà allora giovare a chi con passo affrettato o lento, distratto o impegnato, gioioso o dolente, s'accosterà ad un luogo in cui è apparecchiato il banchetto per i figli di Dio.

I portali di Mitoraj rivivono il loro senso ogniqualvolta accolgono i fedeli in santa assemblea. Tali segni dell'arte si coniugano alla sensibilità dei fruitori, attraverso un'unica sinfonia che si ordina alla «gloria di Dio». In tal modo si può pregustare nella metafora iconografica e nel mistero sacramentale la «Bellezza che salverà il mondo», cioè il Cristo. Però, come ebbe a dire l'allora card. Ratzinger, «dobbiamo imparare a vederlo. Se noi lo conosciamo non più solo a parole, ma veniamo colpiti dallo strale della sua paradossale bellezza, allora facciamo veramente la sua conoscenza e sappiamo di lui non solo per averne sentito parlare da altri. Allora abbiamo incontrato la bellezza della verità, della verità redentrice. Nulla ci può portare di più a contatto con la bellezza di Cristo stesso che il mondo del bello creato dalla fede e la luce che risplende sul volto dei santi, attraverso la quale diventa visibile la sua propria luce» ( Ratzinger J., Messaggio al XXIII Meeting per l'amicizia fra i popoli , Rimini, 21 agosto 2002).

I portali di Mitoraj costituiscono un pensiero forte e discreto che egregiamente contrasta l'orgogliosa dittatura del relativismo e la subdola persecuzione dell'indifferenza. La loro fortezza è nei contenuti che indicano le insondabili ricchezze della rivelazione ed è nella genialità allorquando si associa al creare divino. La discrezione è nell'offrire l'impegno umano per «la maggior gloria di Dio» e per il riscatto dei fratelli dall'indifferenza.


 

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