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La Cappella del Crocifisso |
Scuola di Daniele da Volterra Venne eretta nel 1575 in onore del SS. Crocifisso e di S. Girolamo per volere del banchiere romano Girolamo Cevoli, che qui aveva la sua tomba gentilizia. Essa è chiusa da una bassa balaustra marmorea; presenta l’altare sopraelevato da tre gradini dal piano del vestibolo, un paliotto molto semplice ma impreziosito dalla composita cromia dei materiali: un fondo di marmo bianco, pannelli di rosso di Levante, riquadrature d’Africano e cornice di giallo di Siena. Questa cappella, alla destra del vano circolare detto anche Aula Rotonda o Vestibolo, era già inclusa nella ristrutturazione di Michelangelo, poi ritoccata da Vanvitelli. Nelle Terme di Diocleziano il vestibolo era una sala con due grandi nicchie laterali o nicchioni, che trovavano il loro riscontro negli archi di accesso al “Calidarium” oggi scomparso e al “Tepidarium” (o “Frigidarium) che forma attualmente il transetto della chiesa. Non è ancora chiaro però, e gli archeologi continuano a dibattere la questione, se quest’aula circolare fosse l’antico “Tepidarium” o un ambiente di passaggio che conduceva al “Calidarium”. Secondo Salvatore Aurigemma, già Direttore delle Antichità e Belle Arti presso il Ministero della Pubblica Istruzione nel 1958, competenze oggi passate al Ministero dei Beni Culturali, il “Tepidarium”deve essere riconosciuto nell’aula rotonda-ottagona che serviva d’ingresso alle due piscine sussidiare prima e poi di passaggio al transetto che l’Aurigemma identifica come il “Frigidarium”, cioè piscina coperta ad acqua fredda. Dove al presente sono le due grandi cappelle della Maddalena e del Crocifisso, erano quattro nicchie più piccole sormontate da finestre. Michelangelo si limitò ad aggiungere, in questo vano circolare, quattro edicole curvilinee con le larghe paraste lisce, i capitelli jonici festonati e il timpano triangolare; tali edicole sono oggi occupate, partendo da sinistra dell’ingresso, dai monumenti funebri del pittore e scrittore Salvator Rosa, dei cardinali Parisio e Alciati e del pittore Carlo Maratta. Proprio nel nicchione rettangolare a destra dell’ingresso della chiesa si trova la cappella sul cui altare figura il Crocifisso con a sinistra S. Girolamo e a destra in basso il ritratto del banchiere Cevoli. La tela è attribuita alla scuola di Daniele Ricciarelli, pittore e scultore (Volterra 1509 - Roma 1596) comunemente conosciuto come Daniele da Volterra detto il Braghettone per essere stato scelto da Paolo IV a velare le nudità del Giudizio Universale di Michelangelo nella Cappella Sistina in Vaticano. Fra gli allievi del Volterra era Giacomo Della Rocca, romano, che affrescò la cappella che Cevoli volle tutta dedicata al Redentore. “La volta a botte presenta una decorazione, ove, fra rilevi di stucchi dorati, sono raffigurate otto cariatidi che formano due finte nicchie centinate, entro cui sono affrescati quattro dottori della Chiesa. Nei riquadri rettangolari sono raffigurati degli angeli con i simboli della Passione. Nella parete centrale della volta due cornici ovali racchiudono le pitture che rappresentano la “Cena degli Apostoli” e la “Lavanda dei piedi”. Al centro, in un riquadro rettangolare, un angelo in volo porta la Croce. La composizione, per l’accesa tonalità e le grandi macchie di colore che spiccano sui fondi bianchi, risulta gradevole ed equilibrata. L’impostazione michelangiolesca delle figure, soprattutto delle due Sibille, in due finte nicchie centinate dipinte, inserite tra due cariatidi sostenenti un timpano triangolare, tradiscono la volontà dell’artista di riferirsi alla struttura della Cappella Sistina, fin quasi a copiarla. Ad un esame approfondito però i singoli personaggi presentano una gestualità fortemente accentuata e dimostrano di essere stati trattati con grossolana espressività, evidenziando la mediocre qualità delle opere. Bisogna quindi considerare, confrontando i dipinti della volta con la compostezza del partito decorativo e della tela dell’altare, l’informazione riportata dal Nibby, per cui, sia gli affreschi che il monumento sepolcrale del Ceuli (da egli stesso disegnato ed è ovvio situato in questa cappella) caddero nel 1838. Le figure attuali si debbono, con molta probabilità, ad un ripristino del XIX secolo, periodo in cui, spesso, il restauro veniva realizzato come copia ed interpretazione delle opere precedenti (Simonetta Antellini)”. “Vi erano infatti - racconta il pittore e scrittore di cose d’arte Giovanni Baglione (Roma 1573-1664) - nelle pareti laterali, affrescate due grandi storie della Passione e nella volta vari episodi sullo stesso tema, con diversi compartimenti di stucchi”. Gli affreschi sulle pareti laterali sono da tempo scomparsi ma molto ammirato tuttora è il gran quadro dell’altare: “la testa del Crocifisso è reclinata in pesante abbandono; il corpo, scarnito, è rattrappito e pende con tutto il peso, giù dalle sottili braccia inchiodate, ancora pervaso dallo spasimo dell’agonia”. Nella parete destra, accanto all’altare, doveva essere forse una piccola memoria funebre di Cevoli, su disegno dello stesso Rocca, oggi scomparsa.
Nel pavimento del sotterraneo della cappella, cui si accede da una porticina
di legno a sinistra che fa da architrave al monumento funebre dello scultore
Pietro Tenerani, si trova, al centro, una lunga iscrizione in memoria del committente: D.O.M. Il sotterraneo di piccole dimensioni non ha alcun valore storico o artistico. Nella parete sinistra della cappella, a forma di edicola campanata sostenuta da due colonne ioniche, legata però ad una mostra della porta che conduce all’ambiente sotterraneo, è il monumento funebre con il busto dello scultore Pietro Tenerani (Torasio – Carrara 1789 – Roma 1869), disegnato dal suo allievo Giacomo Della Rocca. Pietro Tenerani è stato il più assiduo collaboratore di Berthel Thorwaldsen (Copenaghen 1770- 1884), nonché un imitatore di Antonio Canova (Possagno 1757-Venezia 1882). Al di sotto del busto si legge questa iscrizione: PETRUS TENERANI Un epitaffio nella parete destra appena si entra nella cappella sotterranea ricorda lo scultore con queste parole: Qui riposano le ossa Sul lato opposto alla tomba del Tenerani, inserita nel muro, la piccola memoria funebre della moglie dell’artista, Lilla Montobbio; a forma di semplice edicola timpanata, presenta due piccole colonne corinzie che racchiudono un modesto busto in marmo della donna con la seguente iscrizione: Mulier diligens corona est viro suo Giacomo Della Rocca affrescò anche la volta e l’arcone della cappella, incorniciati entro ovali a stucchi che rappresentano i simboli e le scene della Passione di Cristo, malamente restaurati nel 1838. |
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