Polittico di San Gregorio, Messina, Museo regionale. Include le Tavole 31-32-33-34-35.
Come attesta un documento del 9 marzo 1473, il Polittico di San Gregario fu commissionato
ad Antonello dalla badessa del monastero di Santa Maria extra moenia, suor Fabria
Cirino, il cui stemma di famiglia compare ai piedi del San Gregorio. Il polittico,
composto allo stato attuale da cinque pannelli raffiguranti la Madonna in trono
col Bambino tra San Gregorio e San Benedetto ed in alto l'Angelo annunciante e
l'Annunciata, dovette essere smembrato in epoca molto antica, forse nel 1537,
quando venne distrutto l'antico monastero per far posto alle nuove mura cittadine;
e con ogni probabilità già da allora andò dispersa la parte
centrale della cimasa che, come è stato ragionevolmente supposto in base
alle modeste repliche esistenti, doveva rappresentare una Pietà o un Cristo
morto sorretto dagli angeli.
Già diviso nel Settecento -la tavola centrale nel parlatorio delle monache
e gli altri quattro scomparti in sagrestia- fu ricomposto nel Museo Civico peloritano
agli inizi del nostro secolo. Il polittico, che subì gravi danni nei terremoti
del 1783 e del 1908, è stato restaurato dal pittore messinese Letterio
Subba nel 1842, nel 1915 dal Cavenaghi e poi nel 1942, con un radicale intervento,
dall'Istituto Centrale del Restauro; attualmente è in corso una nuova pulitura,
presso il laboratorio del Museo di Messina, che per il momento ha interessato
solo l'angelo annunciante del registro superiore.
"Ma passiamo al polittico di Messina, del 1473. Nel suo aspetto generale
esso non è già, quale ci si attenderebbe in un ambiente catalano
una mostruosa macchina fiammingheggiante, al contrario
una semplice struttura analoga ai polittici della scuola Centrale di Piero, con
l'Annunciazione e tre scomparti principali dove le figure, sebbene quasi su fondo
unito tendono a disporsi obliquamente in relazione architettonica col riquadro
centrale.
[...] Il fondo unito si trova anche nella scuola dell'Italia centrale e serve
a rendere più sensibile lo squadro liminale - non lineare - delle forme.
Soltanto nei due angeli sopra il gruppo divino Antonello indulge alle forme intristite
care ai fiamminghi senza comprendere che anche dotando di lineamenti regolari
quelle figurette e facendo servire le curve esterne delle ali a misurare le forme
sottostanti, esse non potevano organizzare i loro piani microscopici insieme con
quelli larghi e solenni del gruppo divino.
Il quale, ognuno vede, come dalla testa alla cintola della Vergine, si potrebbe
includere in una finissima campana di cristallo terso, tanto ampiamente si raccordano
le forme ovoidali della testa della madre con quelle del bimbo che tende d'includersi
a sé nella forma ideale di una sfera rigirandosi poco a poco sotto la testa
sbocciata sul torso pieno, volume singolo nel volume totale! Che dire dei simboli
sparsi della sfera, che regola per così dire le forme del bimbo, delle
ciliege cristalline, del rosario granito caduto al suolo?
Questi simboli dello stile che si trovano in ogni artista quattrocentesco sono
eccezionalmente importanti nella scuola prospettica italiana. La sfera cara a
Piero dove la ritroviamo spesso, passa ad Antonello e a tutta la scuola di Venezia,
come la rivediamo in tutti i pittori che con Piero hanno avuto qualche relazione.
[...] Anche più caratteristici sono i due vescovi, soprattutto la figura
di quel di sinistra obliquata sopra un piano prospettico convergente al centro
del polittico, profilo di colonna dorica arcaica in cui soltanto le braccia formano
un' entasi prodigiosa, finché rastremata nettamente fino al collo ne sbuca
la testa granita, la testa sferica del raso vescovo meridionale che s'imbocca
nella mitria di scelta conica, così bene - permettete? - come un ovo nell'
ovaiolo!
Che dire dell'intonazione solare a piombo che aumenta il risalto sferico delle
forme, anche minime, compiendo sulle perline della mitria del vescovo a destra
lo stesso ufficio isolatore che in Piero aveva servito a concludere in gocce preziose
i piccoli porri sulla guancia del duca d'Urbino - un effetto tanto monumentale
nella sua esaltazione del particolare infinitesimo che lo ricerchereste invano
in tutto il Quattrocento fiammingo?" (Longhi, 1914).
"Qui è riassunto tutto il percorso mentale, e persino il repertorio
iconografico di Antonello.
La Vergine è incoronata da due angeli, come l'ultima delle Madonne leggenti,
e sta solenne sul trono a panca, contro il teso fondale di stoffa, come le giovanili
madonne 'turrite'; S. Gregorio e S. Benedetto hanno l'imponente pesantezza dei
profeti del Maestro di Aix, e l'anima fiamminga di Antonello scintilla nei preziosi
estofados, nelle delicate lucentezze delle ali ponentine degli angeli, nei grani
perfetti del rosario, nel lucore terso delle ciliege, nei nitidi tagli delle ombre
portate. Ma su tutto è calata, sintetica e unificante, la misura di Piero;
il cui polittico di Perugia sembra esplicitamente citato per l'accorgimento del
suppedaneo del trono, che, dal pannello centrale con la Vergine, trapassa nei
laterali, e suggerisce, assieme al parapetto dello sfondo, la continuità
dello spazio. [...]
Questi e altri elementi, come il suppedaneo aggettante, il rosario sgranato sul
vuoto, il piede e il pastorale del S. Benedetto, il piede del S. Gregorio, spinti
avanti, oltre il limite del piano di appoggio, verso e fin entro lo spazio dell'osservatore,
danno una straordinaria sensazione di spazialità logica e profonda, cui
la luce limpida aggiunge una verità delicata" (Marabottini, cat. Messina
1981).
"Il complesso costituisce una novità nel percorso noto di Antonello
perché sostituisce al tipo della 'icona' con storiette laterali, ancora
legata al modello ibericonapoletano usato da Colantonio e da Antonello stesso
per il San Nicola nel decennio precedente, il nuovo polittico 'italiano' che
unisce le varie tavole nell'unità del punto di vista prospettico"
(Sricchia Santoro, 1986).
(Gioacchino Barbera. Antonello da Messina. 1997 by Electa Milano. Elemond
Editori Associati. Banco Ambrosiano Veneto).