Calendario Giuliano
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Il Calendario Giuliano 

La "famiglia" delle Meridiane nelle Chiese non è grandissima: la Meridiana di Santa Maria degli Angeli ha illustri consorelle quasi esclusivamente in Italia e solo qualcuna in Francia. Quanto all'epoca di costruzione, esse risalgono al periodo compreso, grosso modo, tra la fine del 1400 e i primi anni del 1800.

Una ragione, certamente non unica, della prevalente dislocazione nel nostro Paese delle grandi Meridiane può farsi risalire alla circostanza che il Papato risiede a Roma e che nei secoli scorsi, almeno nei Paesi Cattolici, il Papa era il detentore di fatto del potere di regolamentare il Calendario. Le grandi Meridiane erano strumenti rilevanti per l'adempimento di questa fondamentale funzione, religiosa e civile.

Già nel Medio Evo si sapeva, negli ambienti culturalmente evoluti, che il Calendario Giuliano, istituito da Giulio Cesare nel 46 a.C., non era esente da errori. Giulio Cesare aveva avuto teoricamente diverse possibilità di scelta: il Calendario Lunare, quello Luni-solare e quello Solare. Aveva scelto il Calendario Solare, il cui corso concorda con l'avvicendarsi delle stagioni. Queste a loro volta sono strettamente legate nel loro decorso a fenomeni astronomici controllabili dagli esperti in maniera relativamente facile, gli Equinozi e i Solstizi, e possono essere seguite anche dalla gente comune che "sente" il mutamento dei climi. In verità i Romani non facevano coincidere l'inizio delle stagioni, ma il loro centro, con i quattro appuntamenti astronomici dell'anno, ma questo non inficia il criterio della concordanza dell’avvicendamento delle stagioni con il verificarsi degli Equinozi e dei Solstizi.

La scelta dunque era sensata; il presupposto per il suo funzionamento era però la conoscenza esatta del tempo che impiega la Terra per percorrere la sua orbita annuale intorno al Sole, cioè la durata dell'anno "tropico", che può essere anche definito come il tempo compreso tra due Equinozi di Primavera. Questo tempo non è costituito da un numero di giorni interi. Se lo fosse, i problemi calendariali sarebbero di facile soluzione. Già ai tempi di Giulio Cesare questo si sapeva e lo statista romano volle il parere di un Astronomo greco, Sosigene di Alessandria, il quale fornì il verdetto al quale si attenne Giulio Cesare: la Terra impiega 365 giorni e 6 ore per compiere le sua orbita. Con un'indicazione di questo genere non fu difficile a Giulio Cesare istituire il suo Calendario: bastò intercalare un giorno ogni quattro anni; l'anno così allungato in ogni quadriennio prese il nome di bisestile.

Erano profondamente sbagliati il calcolo di Sosigene e la decisione di Giulio Cesare? Certamente no: basti pensare che gli anni bisestili caratterizzano ancora il Calendario in vigore nei tempi moderni. E allora, che cosa non andava nel Calendario Giuliano? Il tempuscolo in meno che impiegava la Terra per compiere il suo percorso intorno al Sole rispetto a quello indicato da Sosigene. La frazione di giorno da aggiungere ai 365 giorni interi non era di 6 ore ma di quasi 11 minuti e 15 secondi in meno: 5 giorni, 5 ore, 48 minuti e 45 secondi.

Sosigene lo sapeva? La risposta può forse essere affermativa, anche se una precisione estrema Sosigene non poteva raggiungerla. E lo ha riferito a Giulio Cesare? Si può azzardare di sì. Giulio Cesare in questo caso avrebbe fatto un ragionamento molto pratico: una differenza assai esigua può ben essere considerata trascurabile e i posteri avrebbero posto rimedio ai problemi successivi.

Sia come sia, il Calendario Giuliano entrò in vigore e nei primi tempi della sua vita ebbe una serie di vicissitudini che non interessa raccontare qui.

Nel 325 dopo Cristo, con il Concilio di Nicea, la Chiesa entra da regolatrice nella vita religiosa e, di riflesso, in quella civile. La Chiesa prevede, nella sua liturgia, feste fisse e feste mobili. Quest'ultime sono essenzialmente legate alla Pasqua, ricorrenza mobile per eccellenza, la cui cadenza annuale deve essere fissata con scrupolosa esattezza per rispettare la tradizione cristiana riguardante la Resurrezione di Gesù. Il Concilio stabilì definitivamente una regola rigorosa per determinare la data della Pasqua: essa doveva essere celebrata nella Domenica successiva al Plenilunio che si verificava dopo l'Equinozio di Primavera; quell'anno l'Equinozio astronomico avveniva il 21 marzo e tale data rimase codificata come data dell'Equinozio, che quindi fu spostato dal 25 marzo, giorno in cui sarebbe caduto secondo il Calendario Giuliano, al 21.

Tutto andò bene nei primi tempi successivi al Concilio di Nicea. Nei secoli seguenti però gli esperti si accorsero che l'Equinozio non cadeva più il 21 marzo, ma andava anticipando lentamente nel tempo rispetto alla data fissata dal Concilio.

Che cosa era accaduto? Era accaduto che la frazioncina di 11 minuti e 15 secondi di minor durata dell'anno utilizzata da Giulio Cesare, rispetto alla durata reale dell'anno tropico, cumulandosi per moltissimi anni, faceva sì che l'Equinozio astronomico si verificasse con un anticipo lentamente crescente. Già ai tempi del Concilio di Nicea l'Equinozio di Primavera , essendosi verificato il 21 marzo, era caduto in anticipo rispetto al 25 marzo del Calendario Giuliano, ma l'inconveniente era stato rimosso empiricamente dai Padri Conciliari "cristallizzando" l'Equinozio alla data del 21 e sollevando inconsapevolmente Gregorio XIII dal peso di qualche giorno in più da abolire in aggiunta ai 10 che sarebbero poi maturati dal 325 al 1582, come meglio vedremo nel paragrafo successivo. Ai tempi di Carlo Magno, nell''800 dopo Cristo, per esempio, l'Equinozio si verificava quattro giorni prima che il Calendario segnasse il 21 marzo, cioè il 17, e quattro giorni non potevano sfuggire all'attenzione dei saggi del tempo. La cosa che destava scalpore e scandalo nella Chiesa era che l'errore comportava la celebrazione della feste ecclesiastiche mobili della Chiesa in date sbagliate e in ogni caso diverse da quelle volute dal Concilio, violandosi così le regole della Liturgia. Il danno peraltro non veniva arrecato solo alle ricorrenze sacre, ma a tutta la vita civile. Se non si fosse provveduto ad emendare il Calendario per correggere quello che possiamo continuare a chiamare "errore" del Calendario Giuliano, col passare dei secoli l'Equinozio di Primavera sarebbe slittato verso febbraio, a scapito della chiarezza e comprensibilità, soprattutto da parte della gente comune. L'intervento dell'Autorità competente di fatto all'epoca, il Pontefice, corrispondeva quindi ad indifferibili esigenze sia liturgiche che civili.

(Da Mario Catamo e Cesare Lucarini “Il Cielo in Basilica - La Meridiana di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri di Roma” Roma, 2002, edizione A.R.P.A. - AGAMI, , rilievi fotografici di Fabio Gallo)

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