Funzioni della Meridiana
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Che cosa è e che funzioni svolge la Meridiana  

Lo scopo che si prefiggeva Clemente XI con la costruzione della Meridiana era essenzialmente quello di vigilare sulla data del verificarsi dell' Equinozio di Primavera, cardine per la determinazione della data della Pasqua e conseguentemente delle altre Feste Mobili della Chiesa e che questa necessità, strettamente liturgica, si incrociava felicemente con le spinte provenienti dal mondo della scienza e dell'astronomia in particolare.

Vediamo allora come funziona una Linea Meridiana, e poi in seguito, nelle successive pagine, come realizza l'obiettivo di indicare gli Equinozi e i Solstizi, come svolge la funzione di Calendario e, poiché è anche un orologio, quale tipo di ora indica.

È opportuna, anche se sicuramente superflua, un'avvertenza terminologica. Quando parleremo di movimento del Sole intorno alla Terra faremo riferimento a come esso appare ai nostri sensi. Il movimento, non occorre neppure dirlo, è della Terra, ma il riferimento al movimento apparente del Sole facilita la comprensione dei fenomeni astronomici, senza produrre alcun errore.

È necessario anzitutto descrivere le caratteristiche strutturali della Meridiana.

Ogni Meridiana della tipologia di quella di Santa Maria degli Angeli è costituita da due elementi fondamentali: un piccolo foro a conveniente altezza e una linea esattamente orientata da Sud a Nord. Il foro è chiamato "foro gnomonico"; esso svolge, con la luce invece che con l'ombra, la stessa funzione dell'estremità dello "gnomone" nelle Meridiane che vediamo talvolta sulle pareti di un edificio. Si tratta molto spesso, in questo secondo caso, di un'asta la cui ombra indica l'ora su un idoneo tracciato. Il termine viene dal greco e significa "indicatore".

Per le loro caratteristiche le Meridiane appartenenti alla nostra tipologia sono chiamate anche Meridiane a camera oscura, costruite cioè all'interno di uno spazio ampio e scarsamente illuminato, come quello di una Chiesa, e quindi atto a osservare con precisione sul pavimento l'immagine prodotta dal fascio di luce solare filtrato attraverso il foro gnomonico. Le affinità che queste Meridiane presentano con lo strumento ottico della camera oscura sono evidenti: l'ellisse luminosa che si proietta sul pavimento è infatti l'immagine, capovolta e rovesciata del Sole. L'assunzione della forma ellittica, dovuta all'inclinazione del cono di luce proveniente dal Sole rispetto all'orizzontalità del pavimento non ostacola misure e calcoli di Astronomi esperti. È questa immagine solare che indica, con il suo passaggio giornaliero sulla Linea Meridiana, il Mezzogiorno Locale Vero e, con qualche limite che preciseremo in seguito, la data dell'osservazione. Da queste rilevazioni scaturiscono, attraverso successive elaborazioni, molteplici dati astronomici.

Il foro deve essere molto piccolo e, secondo le convenzioni prevalenti nei secoli scorsi, la migliore dimensione per ottenere i risultati più soddisfacenti era la millesima parte della sua altezza dal pavimento. Si tratta di una dimensione determinata empiricamente e quindi capace di tollerare piccole variazioni. Nel nostro caso il diametro originario utilizzato da Bianchini, secondo quanto ci ha tramandato nella sua Opera, fu praticato in conformità alla regola più ortodossa.. Convertito nel sistema metrico decimale esso risulta pari a due centimetri.

Il foro deve essere naturalmente praticato in una parete esposta a Sud. Francesco Bianchini e i suoi collaboratori scelsero un punto collocato ad una altezza e in una posizione tali che i raggi solari potessero per tutto l'anno, al Mezzogiorno Locale Vero, cadere su una Linea che attraversasse la Chiesa senza incontrare ostacoli e fosse sufficientemente lunga per permettere ai raggi di raggiungerla anche nel punto più lontano, che viene toccato al Solstizio d'Inverno.

Scelto il punto idoneo venne praticata, una strombatura nella muraglia tale da consentire ai raggi del Sole di non essere intercettati esternamente da ostacoli. Al fondo della strombatura venne fissata, in posizione lievemente aggettante nella Chiesa, una lastrina orizzontale di marmo nella quale era incastrata una sottile lamina di bronzo contenente il foro.

Con estrema diligenza i nostri protagonisti individuarono, a mezzo di un filo a piombo, il punto esatto su cui cadeva la linea verticale che univa il centro del foro al pavimento. Indicheremo questo punto con il nome di "punto perpendicolare". Questa era un'operazione basilare, perché da quel punto, senza errori, doveva partire la Linea Meridiana. Dalla descrizione di queste operazioni in "De Nummo et Gnomone Cementino" appare in modo tangibile l'attenzione quasi trepidante dedicata all'operazione.

Il punto è ancora adesso individuabile con facilità perché è al centro di una lastrina di marmo infissa nel pavimento, al termine di una scanalatura verticale, in buona parte a vista, costruita da Luigi Vanvitelli quando, nel 1749, ristrutturò l'impostazione michelangiolesca della Basilica. La posizione del foro deve essere assoggettata, secondo i rigorosi canoni del passato, a controlli ogni volta che sorgano fondati dubbi sulla sua altezza e dislocazione, che potrebbero essere alterate da manomissioni e da cedimenti strutturali. La scanalatura, che in parte è praticata all'interno delle membrature architettoniche aggiunte da Vanvitelli, si ostruisce con facilità e attualmente risulta ostruita; conseguentemente i controlli con il filo a piombo sono oggi impediti.

Non solo dunque deve essere rigorosamente determinata la posizione del foro gnomonico, ma deve anche essere conosciuta e sorvegliata scrupolosamente la sua altezza. Questo è il parametro fondamentale della Meridiana, perché da esso dipende la lunghezza della Linea, la sua divisione in segmenti uguali e la sua idoneità a indicare gli Equinozi e i Solstizi e le altre date dell'anno.

Qui occorre una breve digressione tecnica. L'altezza del foro deve essere vista come il raggio di un immaginario grande cerchio il cui centro è il foro stesso. La Linea Meridiana è visibilmente tangente a tale cerchio immaginario nel punto in cui cade la verticale proveniente dal centro del foro gnomonico. È intuitivo che le lunghezze delle tangenti determinate di volta in volta sulla Linea dal raggio solare proveniente dal foro gnomonico, dipendono dall'angolo formato con il segmento-altezza del foro: maggiore o minore è tale angolo, maggiore o minore sarà la lunghezza della tangente. È evidente, per esempio, che l'angolo e la tangente relativa sono maggiori in inverno, quando il Sole è più basso e minori in Estate, quando il Sole raggiunge la sua massima altezza. Esiste insomma una precisa relazione tra la lunghezza della tangente e l'angolo in questione, relazione che permette, noto il valore della prima, di conoscere il valore del secondo, utilizzando, ai tempi di Bianchini, accurate tavole di corrispondenza, oggi soppiantate dalle calcolatrici scientifiche.

Se si prolunga idealmente all'esterno il segmento-altezza del foro, verso le zenit, esso formerà con il raggio solare un angolo che è la distanza zenitale del Sole e che sarà uguale all'angolo, interno alla Chiesa, che il raggio stesso forma con il segmento-altezza del foro, perché si tratta di angoli opposti al vertice. Dunque la tangente di cui ci occupiamo è riferibile alla distanza zenitale dell'Astro e pertanto è sottinteso che le Meridiane di questa tipologia, chiamate brevemente "Meridiane a tangente", sono "Meridiane a tangente della distanza zenitale del Sole".

Se nel cerchio immaginario assumiamo come unità di misura il raggio (che nel nostro caso è il segmento-altezza del foro) ne segue che anche la tangente sarà espressa con questa unità di misura e con i suoi sottomultipli, in primo luogo con le sue centesime parti. Ogni punto della Linea incassata nel pavimento disterà dal punto perpendicolare un certo numero di queste partes centesimae, più l'eventuale frazione eccedente. Se contrassegniamo queste distanze con segmenti uguali e li numeriamo progressivamente, possiamo leggere in qualsiasi punto, aggiungendo soltanto le eventuali frazioni eccedenti, il valore delle due tangenti che vanno dal punto perpendicolare ai due lembi, settentrionale e meridionale, dell'immagine solare ellittica che si forma sulla Linea Meridiana il che equivale a dire che conosciamo, con un opportuno e semplice procedimento descritto in seguito, la distanza zenitale del Centro del Sole, in gradi, minuti e secondi.

Per l'aggiunta delle frazioni eccedenti occorre tener presente che ogni centesima parte del raggio è naturalmente divisibile in parti più piccole. La divisione comunemente usata all'epoca era quelle di 1000 "particelle". L'unità di misura elementare è dunque la particella, "particula" nel latino settecentesco di Bianchini, pari alla millesima parte di ogni segmento e quindi alla centomillesima parte dell'altezza del foro gnomonico. Nel sistema metrico decimale la particella di Bianchini è lunga mm 0.2034, cioè un capello in più di un segmento lungo solo due decimi di millimetro.

Le frazioni eccedenti sono di relativamente facile determinazione utilizzando uno strumento, il regolo ticonico.

Sulla metodologia di misura delle tangenti torneremo in uno specifico paragrafo, ma qui vogliamo anticipare sommariamente le modalità essenziali di esecuzione dell'operazione.

Immaginiamo di voler determinare la distanza zenitale di un punto dell'ellisse solare posto appena più a Nord, per esempio, del segmento numero 147. Abbiamo dunque, senza bisogno di calcoli, un primo valore il quale ci dice che quel punto è distante dal punto perpendicolare almeno 147000 particelle. Misuriamo la frazione eccedente con il regolo ticonico e la troviamo pari, per ipotesi, a 533 particelle. Concluderemo che quel punto è distante dal punto perpendicolare 147533 particelle. Ma tale distanza è la tangente della distanza zenitale del raggio solare che colpisce il punto preso in considerazione. Andiamo alle tavole di corrispondenza (ci andava il povero Bianchini, perché noi abbiamo strumenti ben più comodi e veloci) e troviamo che l'angolo in parola è di 55° 52' 12". Abbiamo quindi trovato che il punto (possiamo per esempio supporre che appartenga al lembo settentrionale del Sole) ha una distanza zenitale pari a questa grandezza, e quindi un'altezza sull'orizzonte di 90° - 55° 52' 12", cioè 34° 7' 48".

Tutto questo spiega l'importanza della esatta determinazione dell'altezza del foro gnomonico. La sua divisione in cento parti forniva al costruttore della Meridiana la misura del regolo (centesima parte) che, ulteriormente suddiviso in mille parti, consentiva di misurare con la massima esattezza le lunghezze delle tangenti da cui ricavare, mediante tavole, le distanze zenitali che cercava nelle sue rilevazioni. Da esse, con ulteriori elaborazioni, otteneva un rilevante numero di informazioni sul moto apparente del Sole intorno alla Terra, sul suo diametro angolare e sulla sua posizione sull'Eclittica.

È necessaria, incidentalmente, un'avvertenza per coloro che, stimolati da questa lettura, vorranno eseguire delle misure come quella ora descritta, entrando di pieno diritto nella schiera di chi sente il fascino dell'Astronomia, anche se dovranno eseguire a vista la misura dell'eventuale frazione eccedente: il regolo ticonico infatti non è più nella nostra disponibilità ma è murato per memoria nella parete sinistra del Presbiterio. L'avvertenza è che le tangenti calcolate con questo procedimento sono espresse in centomillesime parti del raggio; dunque nella calcolatrice si dovrà introdurre la tangente espressa dal valore 1.47533 (147533: 100000).

(Da Mario Catamo e Cesare Lucarini “Il Cielo in Basilica - La Meridiana di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri di Roma” Roma, 2002, edizione A.R.P.A. - AGAMI, , rilievi fotografici di Fabio Gallo)

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