E il Sole entrò in chiesa 

(Avvenire 19 Marzo 2000 - Luigi Dall'Aglio)

Nessuno Stato, nessuna istituzione al mondo ha fatto per l’astronomia quello che ha fatto la Chiesa cattolica, per almeno sei  secoli. “Dal tardo Medioevo al Settecento, la Chiesa assicura agli studi astronomici un sostegno - finanziario e sociale - superiore a quello fornito da chiunque altro, e probabilmente da tutte le altre istituzioni messe insieme”.

Nel suo saggio da poco uscito in Usa, The sun in the church (“Il sole in chiesa”), pubblicato da Harvard University Press, lo storico americano John L. Heilbron (che non è cattolico) smonta completamente l’immagine - alquanto diffusa nel mondo anglosassone - di una Chiesa ostile alla scienza, e in particolare all’astronomia. Heilbron dimostra che, proprio nel periodo critico della disputa con Galileo, in alcune grandi cattedrali cattoliche gli astronomi - finanziati dalla Chiesa - sperimentavano liberamente, sia pure sotto forma di “ipotesi”, la teoria copernicana. E concludevano che “nulla - in astronomia e in matematica - era incompatibile con l’ipotesi del movimento della Terra”. Inoltre affermavano che il movimento era un’ellissi e non un moto circolare. Queste conferme scientifiche erano state ottenute fra le mura delle chiese.

In pratica, infatti, le cattedrali, per via del foro praticato nella volta da cui entrano i raggi del sole, furono anche degli straordinari osservatori astronomici. Insomma non è possibile negare il merito dei Papi nella storia del sapere astronomico. È questo il succo del brillante libro di Heilbron, che è stato vice-rettore dell’Università della California, Berkeley, e ora è membro del Worcester College a Oxford in Gran Bretagna. Heilbron, che ... riceve la laurea honoris causa dall’università di Pavia in occasione del bicentenario dell’invenzione della pila di Volta, ha dedicato una lunga, attenta e appassionata ricerca alle meridiane solari installate nelle chiese italiane...

Professore, perché le cattedrali diventarono il più naturale degli osservatori astronomici?

“La Chiesa aveva bisogno di conoscere in anticipo la data delle feste mobili (la Pasqua, in particolare) e perciò chiedeva agli astronomi di fare i calcoli necessari. La Chiesa disponeva di un’imponente schiera di scienziati, di matematici soprattutto (le servivano per costruire chiese, palazzi, e per canalizzare fiumi). E i migliori esperti di matematica applicata erano anche astronomi. L’astronomia eccitava la mente dei matematici come 50 anni fa la fisica delle alte energie ha entusiasmato i ricercatori. Presto gli scienziati che lavoravano per la Chiesa si resero conto che, se un raggio di sole entrava dalla volta di una cattedrale e andava direttamente a colpire il pavimento, era possibile calcolare l’ora, i giorni dell’anno e compiere una miriade di ricerche astronomiche”.

In che modo i raggi del sole, cadendo nella chiesa, offrivano indicazioni agli astronomi?

“Si praticava un foro sul soffitto o su una parete dell’edificio, per permettere al sole di entrare. Poi nel pavimento si incassava un lungo asse di metallo, orientato da nord a sud. E si faceva in modo che nessuna statua o arredamento della chiesa potesse intralciare il cammino del raggio di sole dal soffitto al pavimento. Quello spazio doveva restare libero, in qualsiasi giorno dell’anno. Nel buio del tempio si vedeva soltanto il raggio solare, ed era intenso. Il momento preciso in cui il centro dell’immagine del sole colpiva in un punto l’asse sul pavimento rappresentava il vero mezzogiorno locale. Poi, sempre sull’asse, si misurava la distanza tra il raggio di sole e il punto che si trovava direttamente sotto il foro praticato nel soffitto. E in questo modo si misurava il tempo dell’anno, osservando come cambiava posto il disco solare, da una stagione all’altra. Per stabilire esattamente quanto era lungo l’anno, gli astronomi contavano i giorni e scandivano le ore basandosi sui successivi passaggi del Sole sullo stesso punto dell’asse incastrato nel pavimento. Questa valutazione era essenziale per il calcolo della Pasqua”.

Ma gli astronomi non si limitarono a questi calcoli di routine.

“Nelle chiese maggiori, diventate osservatori solari, impostarono ricerche di ampio respiro. Aveva cominciato, nel Cinquecento, il domenicano Egnazio Danti, a Bologna, installando una grande meridiana in San Petronio. È molto importante, poi, la scoperta compiuta nel 1655 da Giandomenico Cassini, un raffinato campione dell’astronomia fondata sull’osservazione. In base al mutamento di grandezza che l’immagine del Sole subiva sulla meridiana, nel corso dell’anno, egli intuì - che fosse il Sole a girare attorno alla Terra o questa a girare attorno al Sole – l’orbita del corpo celeste in movimento non poteva essere circolare ma ellittica. E, in quell’epoca, i seguaci di Copernico attribuivano orbite ellittiche ai pianeti, Terra compresa. Mentre invece gli astronomi tradizionalisti affermavano, fedeli al sistema tolemaico, che il Sole percorreva un cammino circolare. Cassini non suonò la tromba a favore di Copernico e di Galilei, ma i bene informati capirono subito che da San Petronio veniva un’importante conferma alla teoria copernicana”.

Eppure il Sant’Uffizio aveva condannato la teoria di Copernico. Dunque, gli astronomi erano liberi di investigare e di assumere posizioni in contrasto con quella condanna?

Gli astronomi chiamarono "ipotesi" le nuove teorie. Era la formula suggerita dai gesuiti. "Ipotesi" era una affermazione di cui non bisognava vagliare la fondatezza o la falsità, ma soltanto l’utilità. E gli astronomi trovarono che la teoria copernicana era più pratica del sistema tolemaico”.

E solo grazie a questo stratagemma poterono svolgersi le libere investigazioni sul cosmo?

“In realtà l’accorgimento delle "ipotesi" funzionava perché i censori del Sant’Uffizio erano abbastanza tolleranti. Nel mio libro dimostro che - contrariamente a quanto si crede - le autorità ecclesiastiche esercitarono sugli astronomi, sulle loro ricerche e sulla loro attività di insegnamento, una censura illuminata. E sostengo che, se ci furono provvedimenti nei confronti di qualche "scienziato che sbagliava", nella maggior parte dei casi l’iniziativa era partita non dai censori ma da colleghi dell’accusato, troppo zelanti per invidia o per gelosia”.

Com’è nato il suo interesse per le meridiane?

“Osservando i raggi del Sole che si presentavano all’appuntamento sul marmo rosa del pavimento di San Petronio, a Bologna. È una decina di anni che studio meridiane per tutta Italia, dalle Alpi alla Sicilia. Protagoniste dei miei studi sono in particolare tre chiese italiane: San Petronio a Bologna, Santa Maria degli Angeli a Roma, Santa Maria del Fiore a Firenze; oltre alla chiesa di Saint-Sulpice a Parigi. In Gran Bretagna, dove ora vivo, non ci sono osservatori solari: manca il requisito fondamentale, il Sole. Anche gli inglesi però hanno cercato di fare scienza in chiesa. Dalla cupola di Saint Paul un assistente di sir Isaac Newton faceva cadere pesi perché lo scienziato potesse verificare le sue teorie sulla resistenza dell’aria”.

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