Rivoluzione Francese
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Le truppe francesi repubblicane 

all'inizio del 1797 valicarono le Alpi scendendo nella nostra Penisola. Il Superiore generale dei Certosini, il R.P. D. Nicola - Albergati De Géoffroy, che dalla Francia si era rifugiato a Bologna, dovette lasciare precipitosamente quella Certosa e trovò rifugio a Roma. Qui dimorò sino alla morte, il 22 dicembre 1801, dopo 54 anni di vita certosina a 72 di età. Nei quattro anni che il Rev. Padre dimorò a Roma accaddero due avvenimenti che non dovettero essergli certo graditi. Del 1797 moriva il Priore di Trisulti. Il Rev.Padre vuole nominarsi lui un superiore di quella casa, dato che secondo le costituzioni Trisulti, distando meno di 3 diete dalla residenza del Superiore generale, deve a questi la nomina di un Priore. Ma la comunità di quella Certosa protesta e ricorre a Pio VI dicendo che tale procedimento del Rev. Padre è mosso da dispotismo e avidità di potere, al fine di ricoprire lui stesso in un secondo momento la carica di priore a Trisulti.  Era falso, perché come spiegò D. Nicola De Géoffroy, egli intendeva soltanto in caso di un suo nuovo evacuamento da Roma, avere un rifugio qualora non fosse ancora possibile rientrare in Francia alla Grande Chartreuse. il Rev.Padre ottenne ragione e nominò lui un rettore a Trisulti.  

Ma quella comunità torna alla carica e strappa dal pontefice Pio VII, che da pochi mesi era giunto a Roma, dopo esser stato eletto a Venezia, la deposizione del rettore nominato del R. Padre. (1801) Vi fu eletto come priore un professo della Casa. Per di più, la certosa di Roma era poverissima e già nel 1784 la premura di Pio VI aveva ottenuto che Ferrara, Bologna e Trisulti contribuissero alle sue finanze. Qualche anno dopo le case di Ferrara e Bologna, per l'invasione delle truppe straniere, non potevano più sovvenzionare e restava solo Trisulti.

Così Pio VII col Breve del 24 luglio del 1801 incorporava Roma a Trisulti; la Certosa romana sarebbe stata governata da un Vicario e avrebbe fatto funzione di ospizio dei religiosi malati nella comunità trisultina. Tuttavia la S. Congregazione non approvò il Breve, presentò lagnanze al Pontefice e prese varie misure per salvaguardare l'autorità del R. P. D. Géoffroy e poi del Vicario Generale che gli succedette. Nel 1808 quel Breve, in realtà mai messo in applicazione, fu completamente abrogato.

Durante i pochi anni nei quali la Certosa romana fu residenza del Generale non significò che essa fosse anche la Casa generalizia dell'Ordine. Non fu possibile riunirvi nessun Capitolo Generale e tanto meno vi erano i professi di Certosa per procedere all’elezione del nuovo Reverendo Padre, così come prescrivono le Costituzioni. Quando nel 1801 si spense D. Nicola De Géoffroy, come il Capitolo Generale aveva già legiferato alcuni anni prima prevedendo la cosa, lo Scriba del R. Padre divenne Vicario Generale dell'Ordine. Fu Antonio Vallet, un religioso morto in fama di santità, che si scelse per Scriba D. Raffaele Paris. L'uno o l’altro o forse entrambi esercitarono l'ufficio di Procuratore Generale.

Stralciando dalla corrispondenza di D. R. Paris, abbiamo conferma della miseria che regnava nella casa di Roma; lo Scriba dichiara che l'unica sua consolazione è la buona armonia che regna nella Comunità. Nel 1807 c’è poi una nota gioiosa in una sua lettera,nell'agosto di quell'anno il Card. Albani si reca alla Certosa per prendere possesso del suo titolo di Cardinale protettore nella gran sala del priorato. Gli si legge il Breve, la comunità vuole porgergli l'omaggio del baciamano, ma il neo?cardinale la ritrae. Egli abbraccia i superiori e gli altri gli si inchinano. Segue un rinfresco con gelati per tutti!

Nel giugno del 1890 gli Stati della Chiesa sono annessi all 'Impero francese. Pio VIII scomunica Napoleone . Ma nel luglio il Papa è espulso da Roma. La Certosa vive ore di angoscia e di incertezza. Nell'aprile del 1810 il suo Scriba D. Raffaele, riuscì, grazie ai suoi numerosi amici francesi, a restarvi ancora come superiore con altri tre religiosi italiani, di cui uno infermo e l'altro  anziano. Poi non abbiamo più notizie dalle Cronache. 

Don Raffaele Paris fu costretto in seguito a lasciare Roma e quando con la caduta dell'Imperatore Napoleone Bonaparte la Certosa di Roma fu ristabilita nel 1814 da Pio VII, furono due dei tre religiosi italiani che vi erano rimasti, a rimetterla in sesto. Una lettera di uno di loro, Don Vincenzo Carletti, priore fino al 1827, è illuminatrice sull'atteggiamento del Santo Padre: Il Papa ci incoraggia a mantenere il seme, perchè a suo tempo Dio ci manderà dei soggetti secondo il cuor suo. (9)
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(9) Manoscritto della Grande Certosa, op. cit.

Per vari anni dopo la morte di Don Carletti, per mancanza di religiosi, il priore di Trisulti fu contemporaneamente anche superiore di Roma e vice procuratore generale. Solo con Don Benedetto Rozio (1832) Roma ebbe di nuovo un priore.
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(10) Manoscritto della Grande Certosa, op. cit. 

E conobbe ancora giorni gloriosi. Nel 1826 Lone XII si recò a Santa Maria degli Angeli con il suo seguito per consacrarvi l’arcivescovo di Ravenna e il vescovo di Viterbo, che aveva entrambi nominati nel Concistoro di un mese prima.

Nel 1855 Pio IX venne a benedire il nuovo tabernacolo di marmo dell'altar maggiore della chiesa certosina (11)
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(11) Pio IX in quella occasione pranzò nel monastero e invitò i monaci alla sua tavola; ma poichè questi non prendono cibi di carne, li fece servire ad un tavolo a fianco suo e sempre in modo sontuoso... 

Il Giornale di Roma (n° 140 del 1855) scrisse che dopo aver ammirato l'architettura di Michelangelo, il Pontefice lodò i dipinti del pittore Filippo Balbi lì presente. In essi è raffiguruto Fra Feraldo, converso certosino e padre di papa Clemente IV, in atto di additare suo figlio anch'egli lì dipinto.

Nel dicembre del 1869 si aprì il Concilio Vaticano I a cui assistè il Reverendo Padre dei Certosini, D.Carlo M Saisson, che così trascorse tutto l'inverno 1870 a Roma. Pio IX, in occasione del Concilio, volle anche allestire nel gran chiostro della Certosa un'esposizione di arte religisa. La inaugurò lui stesso il 17 febbraio, con i Padri conciliari; venne poi a visitarla nel mese di marzo e presiedette alla solenne chiusura con la distribuzione di premi e attestati.

Ma nel finire del settembre di quello stesso 1870 truppe italiane invadono Roma per Porta Pia e fanno prigioniero il Pontefice. Nel 1873 il Parlamento approva una legge che sopprime gli Ordini religiosi e la Certosa fu incamerata dal Governo italiano con tutti i suoi beni. Alcuni monaci continuarono ancora ad abitarla, presieduti da un Rettore. Vi erano però gravi difficoltà di vario genere perchè i Certosini continuassero a vivere colà la loro vocazione solitaria. Quel luogo un tempo deserto si andava popolando di palazzi moderni; nelle vie circostanti la circolazione diventava sempre più intensa. Per di più gran parte
del monastero era stato trasformato in museo di archeologia pagana, ciò che attirava folle di visitatori.

Perciò il Capitolo Generale ordinò ai monaci di lasciare Roma. Ultimo Rettore fu D. Silvano Pucci. Dopo la soppressione della Certosa nel 1884, il Procuratore Generale visse con qualche confratello in un modesto appartamento in via Palestro, sino alla fine della seconda guerra mondiale, quando la Procura fu trasferita in via Cassia alla Tomba di Nerone.  

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